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A Figline Valdarno, tra gli amici di Sarri: «Gli hanno dato del razzista, da non credere»

A Figline Valdarno, tra gli amici di Sarri: «Gli hanno dato del razzista, da non credere»

FIGLINE VALDARNO (AREZZO) La porzione di cielo visibile da piazza Marsilio Ficino è grigia, un corriere scarica la merce, chi esce dai negozi si copre il volto con le sciarpe per difendersi dal freddo, gli altri indugiano al caldo. È un risveglio lento e stordito qui, sulla riva sinistra dell’Arno, quasi incredulo dopo quello che è accaduto al termine della sfida di Coppa Italia tra Napoli e Inter: il litigio tra i due allenatori, le parole di Maurizio Sarri, quelle di Roberto Mancini, un caso che scuote il calcio e non solo. L’aria tersa aiuterebbe a guardare le cose dal lato giusto, non tanto per analizzare quanto per capire e, se possibile, andare oltre con dignità. Ma tra tifosi, moralizzatori e una giustizia sportiva inadeguata, da qualunque parte la si guardi, ci accorgiamo passo dopo passo che una via d’uscita non c’è.

Quattrocentoquaranta sono i chilometri che dividono Napoli da Figline Valdarno, due città lontane ma unite da un solo nome: Maurizio Sarri. Un nome che mette tutti d’accordo anche quando non dovrebbe e, speriamo, non vorrebbe, sul filo del politicamente scorretto: «Gli hanno dato del fascista (razzista, ndr), da non credere», sottolinea Agostino Iaiunese, titolare de L’antico Caffè Greco, il bar storico del paese, cuore pulsante del tifo napoletano e oggi sede del locale Napoli Club «Maurizio Sarri». Dal capoluogo partenopeo raccontano un’atmosfera abbastanza serena, nonostante il boomerang mediatico, ma chi ha seguito il tecnico figlinese in questi anni sa che quando è concentrato sul lavoro è governato dalla trans agonistica e a volte (quando perde?) gli si chiude la vena, scatenando il toscanaccio che alberga in lui, quello capace di utilizzare intercalare coloriti e volgari, ma non per questo omofobi.

«Ha sbagliato – sottolinea Massimiliano Gallo, direttore responsabile de Il Napolista –, però al tempo stesso ritengo che sia stato ingenuo. Adesso è l’allenatore del Napoli e certi dettagli andrebbero curati con maggior attenzione», probabilmente anche dal suo entourage. Ma la sincerità che l’ha sempre contraddistinto, con o senza offese, è una cifra caratteriale. Nel 2002-03 ospite della Domenica Sportiva condotta da Massimo Caputi gli chiedono com’era stato giocare su un campo di erba sintetica, rispose: «Negativa». Apriti cielo. Carlo Tavecchio, allora presidente della Lega Dilettanti, oggi della Figc, si arrabbiò: «Noi diamo degli aiuti alle società per incentivare la creazione di campi in erba sintetica e un nostro tesserato ci fa questa pubblicità?».

L’estrazione proletaria e di sinistra non giustifica né spiega, ma chi lo conosce lo descrive come una persona che rispetta i diritti civili e che non si abbandona ad alcuna discriminazione sessuale o di altro genere. Damiano ha la Fiorentina nel cuore: «Roberto è abituato all’Inghilterra, a un’altra mentalità. Alla fine è scappata una parola di troppo e Maurizio ha chiesto scusa (cosa che gli riesce con difficoltà, ndr), spero non sia squalificato. Ho, però, come l’impressione che il suo modo di essere lo faccia apparire un corpo estraneo, in un calcio dove gli allenatori si presentano in campo come se andassero a una sfilata». Emilio Budruni è tifoso della Lazio, ha militato nel Figline in Eccellenza e vanta una presenza in A col Cagliari: «Troppe telecamere, queste cose, piaccia o meno, capitano su tutti i campi, ma non significa avercela con i gay o essere omofobi. Mancini? Ha calcato la mano e un eventuale squalifica di Sarri per quattro, cinque, mesi mi sembrerebbe esagerata, anche se non credo che il Napoli potrebbe subire contraccolpi dal punto di vista agonistico». L’idea più comune è quella che ciò che si fa e si dice in campo debba restare lì, una regola non scritta, come ha detto anche il portiere del Napoli Reina.

Pare che alle reiterate giustificazioni Roberto Mancini abbia risposto: «Le tue scuse vecchio cazzone di merda non le accetto, sei un allenatore da serie C». E ricordare che quest’ultimo ha giustificato nel tempo «Scimmia negra di merda», di Mihajlovic a Vieira, e lo striscione degli ultrà dell’Inter «Napoli fogna d’Italia» non aiuta a fare chiarezza e a giudicare con obiettività uno dei tanti (troppi?) episodi che non rendono onore a uno sport, il quale non perde occasione per ricordaci quanto siamo piccini e tristi di fronte alla vittoria e alla sconfitta, tra chi non sa perdere e chi vuole stravincere sul corpo e l’anima dell’avversario. Se poi la giustizia sportiva archivierà tutto dicendo che non c’è stata offesa perché Mancini non è gay, squalificando Sarri per uno o due turni in Coppa Italia, ci pare evidente il corto circuito che alimenta tutto il resto. C’è poi un sottobosco che disegna la toscanità come nous di parolacce e pesanti intercalare, un’idea che imbarazza e provoca disagio. Non a Graziano, compagno alle elementari di Maurizio, che al barista chiede: «Mi dai la ciambella col buco di Mancini?». Omofobico o homo habilis?

(tratto dal Corriere Fiorentino)

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