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Com’è cambiata per Napoli la sfida con l’Inter in Coppa Italia

Com’è cambiata per Napoli la sfida con l’Inter in Coppa Italia

Ormai, è diventata una sorta di abitudine. Nel gergo calcistico, potremmo definirla come una “classica”. Napoli-Inter di Coppa Italia è un appuntamento fisso, una mezza ricorrenza. Ma non una roba come quel Natale triste o quel compleanno che volevi non arrivasse mai. Una cosa diversa, significativa e piacevole in positivo. Più bella.

Prima dell’era De Laurentiis, il Napoli ha affrontato l’Inter in Coppa Italia, in casa, per tre volte: due nel 1938 (una sconfitta per 0-2 e un pareggio per 1-1) e una nel 1997, in occasione della semifinale di ritorno. I 120′ regolamentari finirono 1-1, stesso risultato dell’andata di San Siro, con l’indimenticabile gol di Beto e la difesa dell’Inter altissima nella sua trequarti. Poi, ai rigori, furono decisive le parate di Pino Taglialatela. Altri quattro precedenti tra San Siro e campo neutro: tre vittorie dell’Inter e un pareggio, quello del 1997, per 1-1. Nell’unica gara giocata lontano da Napoli o Milano, la sconfitta più cocente: finale 1978, il Napoli perde 2-1 dopo essere passata in vantaggio con un gol di Restelli. Decisive in negativo due pessime uscite di Mattolini su due angoli nerazzurri.


La prima volta dal fallimento è un lustro fa, gennaio 2011
. C’è uno sfalso di una settimana tra i due calendari, ma cambia poco. L’atmosfera attorno al Napoli era un qualcosa in divenire, in crescita. Gli azzurri sono a quattro punti dal Milan di Allegri e sono reduci da uno 0-0 casalingo con la Fiorentina e da una vittoria per due a zero in casa del Bari. In mezzo, la partita di Coppa Italia col Bologna, 2-1 al San Paolo. L’Inter che arriva al San Paolo vive una situazione paradossale. Non ha spazio sulla maglia tanti sono i simboli dei titoli di cui è detentrice. I nerazzurri sono Campioni d’Italia, detentori della Coppa Italia, Campioni del Mondo. Manca lo “scudetto” della Champions solo perché non esiste o al massimo va sulla manica, a parte un’invenzione del Milan di Berlusconi fine anni 80. Eppure, è la solita “Pazza inter”, che nemmeno un mese prima ha vinto il titolo Mondiale e poi si è separata da Benitez, per poi acquistare al mercato quei rinforzi che Benitez chiese e non ottenne in estate. Non proprio gli stessi giocatori, ma il concetto è lo stesso. Pazzini, Nagatomo, Ranocchia e Kharja furono invece affidati a Leonardo, che esordì alla Befana proprio contro il Napoli, 3-1 a San Siro, e poi arrivò alla sfida del San Paolo dopo altre due vittorie e una sconfitta.

Mazzarri stacca la spina al suo turnover “scientifico” e mette dentro i titolari. Tutti, dal primo all’ultimo. La squadra di campionato, con gli unici dubbi-ballottaggi che non c’è bisogno di ricostruire cercando i pezzi su internet, basta ricordarli con la mente che tanto erano gli stessi a ogni partita. Zuniga-Dossena a sinitra, Yebda-Gargano-Pazienza al centro. Anzi, col senno di poi: quella sera, l’algerino Yebda conquistò definitivamente il pubblico del San Paolo con un cucchiaio su rigore durante la lotteria. Basta poco, a volte anche solo una follia, per entrare nel cuore di Napoli. Pure l’Inter non snobba l’impegno e si presenta a Fuorigrotta in formazione-tipo, al netto delle assenze: l’unica concessione al turnover è il portiere di riserva, da un po’ di anni una sorta di vezzo per le grandi squadre che giocano la Coppa Italia. In quell’Inter, il secondo di Julio Cesar è Luca Castellazzi, che oggi ha 40 anni e fa il terzo portiere del Torino.


Il Napoli gioca un’ottima partita contro un’Inter piena di campioni, avrebbe meritato di vincere lungo tutto l’arco dei 120′ di gioco e perde perché uno dei suoi migliori attaccanti, un argentino, il più amato dai tifosi, non sa tirare i rigori. Molte occasioni da rete, un gol dubbio annullato a Cavani e le azioni arrembanti classiche del Napoli edizione Mazzarri
Quando Chivu segna l’ultimo penalty, l’arbitro Valeri, che è lo stesso del match di questa sera, fischia tre volte. Il San Paolo si divide: qualcuno sta in silenzio, qualcun altro applaude. Come dire: ok, fa male. Ma c’è poco da essere scontenti, non ci sono motivi per non applaudire questi ragazzi. C’è una corsa scudetto che è reale e realistica, contro un Milan forte che però ha avuto periodi pure bui già solo in questa stagione. C’è anche l’Europa League, una novità su questi schermi, con i sedicesimi di finale in programma a febbraio. Il Napoli affronterà gli spagnoli del Villarreal, Giuseppe Rossi e Nilmar, Marcos Senna, Borja Valero e Gonzalo Rodríguez. Sarà una partita dura, ma non partono certo battuti. Quando Chivu segna l’ultimo penalty, sulle gradinate del San Paolo ci sono, mischiate tutte insieme, amarezza, consapevolezza e fiducia.  

Napoli-Inter di Coppa Italia diventerà una specie di must già a partire dall’anno successivo, quando gli azzurri si lanceranno verso la semifinale contro il Siena con un 2-0 netto, una doppietta di Cavani e una partita dominata. Poi eccola di nuovo nel 2015, dopo un’interruzione di tre anni. Finirà 1-0, stavolta, con un gol di Higuain a tempo scaduto dopo un match più teso ed equilibrato, col Napoli comunque padrone del campo contro un’Inter che, con Mancini e al mercato invernale, si sta ricostruendo e sta iniziando a diventare quella di oggi. Il cammino dello scorso anno si interromperà con la Lazio nella doppia semifinale.

Poi oggi, di nuovo, che sembra il 2011 ma in realtà è il 2016. Il Napoli è ancora lì, sempre lì, stavolta addirittura più in alto rispetto a tutti gli altri precedenti. C’è un’atmosfera particolare attorno a questa partita, con tifosi e addetti ai lavori quasi indecisi tra il volerla affrontare a muso duro, perché “vincere aiuta a vincere”, e la necessità di far rifiatare i calciatori per un campionato che vede il Napoli lepre, per la prima volta, un quarto di secolo dopo l’ultima. C’è la consapevolezza, come allora, che qualsiasi risultato non spegnerebbe la splendida stagione di una squadra che, grazie ai risultati, ha ricucito il suo rapporto con il pubblico. C’è una Coppa Italia che è diventato un obiettivo secondario: non un intralcio, ma una competizione da affrontare con serenità, distensione, almeno a questo punto. Come fanno le squadre con altri obiettivi, più importanti. 

Napoli-Inter di Coppa Italia, oggi, è una mezza ricorrenza. Più piacevole, più bella. Significa, e ci ricorda, che siamo diventati grandi. Tanta roba.

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