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Come ti sei ridotta Bologna. Eri la città dell’accoglienza, ieri in tribuna avevi la faccia dell’odio nei confronti di noi napoletani

Come ti sei ridotta Bologna. Eri la città dell’accoglienza, ieri in tribuna avevi la faccia dell’odio nei confronti di noi napoletani

Per uno come me, che ha un quarto di sangue emiliano nelle vene, andare a Bologna è un motivo per ritrovare qualche cugino e un fraterno amico che fa “l’emigrante” anche se di lusso, una di quelle belle personalità che a Napoli non ha trovato pane per i suoi denti. E non è un caso che in Emilia ogni volta che gioca il Napoli lo stadio per metà è azzurro, è infatti la regione che più di ogni altra ha saputo ospitare chi ha cercato lavoro, o anche ha trascorso le vacanze in Riviera Romagnola o fatto l’università nella dotta Bologna. Insomma io, e come me tanti altri amici, quando pensiamo a un posto dove poter vivere bene, o anche trascorrere qualche bella giornata, pensiamo alla terra di Lucio Dalla che non a caso spessissimo era a Napoli, e Napoli ha ispirato una delle sue più belle canzoni.

Eppure ieri tutto mi sembrava diverso. Altre volte ero stato a vedere Bologna Napoli e mai mi era stato consigliato di nascondere la sciarpa, né avevo visto un assetto da guerra come nelle cosiddette gare a rischio; molto presto ho intuito che avevo commesso un errore nel comprare il biglietto di tribuna e non in curva ospiti. Attorno a me, benché i napoletani fossero in tanti, non ho visto facce serene, tranne due simpatiche signore che a fine partita ci hanno salutato con un viso che chiedeva scusa.

Il mio amico, con figlio nato e cresciuto lì, ci aveva portato i panini con la mortazza e il culatello, perché noi lo stadio lo viviamo come momento di aggregazione, di gioia, poi anche di entusiasmo o delusione, ma sempre in maniera “umana”. Mattia, ahimè così si chiama il ragazzo, proprio come il nostro incubo di giornata, mi racconta che a scuola è dura per lui tenere saldo il suo credo calcistico, mi dice anche che questa differenza con gli altri – che sono tutti tifosi di maglie a strisce, di che colore poco importa – purtroppo provoca un certo distacco del gruppo nei suoi confronti, “ma questo mi fa essere ancora più tifoso del Napoli”, chiosa con perfetto accento modenese.

Inizia la partita e quando vanno in vantaggio stento a credere ai miei occhi nel vedere le facce stravolte dei signori che facce da ultrà proprio non avevano, piuttosto da farmacista, da bancario, da avvocato, da postino, che si rivolgono verso di noi facendoci il gesto dell’ombrello, mostrandoci il medio, imprecando come se gli avessimo ucciso le galline nel pollaio, “bastardi” “terroni” “tornate a casa”, e intanto si innalzava per l’ennesima volta il coro “Vesuvio lavali col fuoco” che trovava tanti accoliti anche in tribuna. Ieri eravamo noi l’Isis, eravamo gli invasori come aveva titolato il Corriere dello Sport, i nostri figli stavano crescendo nelle loro terre, e avevano imparato la loro lingua. Ma hanno l’azzurro nell’anima.

Dico io, una volta che state vincendo, invece di godere come dei ricci, di abbracciare vostro figlio, di ringraziare il cielo per questa vittoria che chissà quando mai più la rivedrete, voi pensate solo a inveire e offendere con questa cattiveria? E allora non sapete più godere della vita, amici bolognesi, state rinnegando voi stessi, la vostra cultura di accoglienza e ospitalità. E a niente serve il secondo e nemmeno il terzo gol, che avrebbe potuto distenderli, anzi, parte l’Oj vita che hanno imparato in tutta Italia, lo cantavano proprio tutti e lì, vi dico la verità, mi sono venute le lacrime agli occhi ma non per lo sfottò, che ci sta e ci deve stare, ma perché quella melodia va cantata con gioia, non con odio, le facce devono essere sorridenti e commosse, non tese e rabbiose, me l’avete rovinata, questo non ve lo perdono.

Un solo coro è stato simpatico, ed è stato quello “siete al cinema” per testimoniare la grande partita fatta dalla loro squadra, peccato che il film alla fine sia stato rovinato da squallide comparse.
Valerio Vegezio

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