Trent’anni di Ricomincio da tre, il film di Massimo Troisi che più di ogni altro ha segnato gli anni Ottanta e anche un paio di generazioni di napoletani alle prese, tra le altre cose, col dilemma “resto o vado, insomma emigro”. Ne scriveremo. Oggi Il Mattino intervista Lello Arena che ricorda un po’ il backstage dell’esordio di Troisi alla regia e sottolinea il coraggio del cinema italianodi allora, di Lucisano e le tante porte in faccia subite ai tempi della Smorfia: «Nessuno di noi, da solo, sarebbe stato in grado di resistere a tanto disprezzo. Nelle ultime due risposte, Arena torna sul tema che poi fu il tratto di Ricomincio da tre. A proposito della collaborazione con Pino Daniele, del rapporto tra lui e Troisi («un’amicizia vera, la definisce»), scrive: «Napoli è una città straordinaria, le dobbiamo un Dna che quasi ci rende artisti migliori, anche se c’è un però…». E aggiunge: «Napoli ti genera, ma poi non ti accoglie più di tanto, salvo ricordarti come “napoletano” dopo che te ne sei andato. Basta pensare alla farsa del doppio funerale di Pino: se lui a Napoli non ci voleva più stare un motivo ci sarà pur stato, no? D’altra parte io vorrei da anni creare a Napoli un luogo dove si possa ricordare La Smorfia e Massimo Troisi, dove si possano scoprire gli oggetti di scena di Massimo, ripercorrere la sua storia e vedere le sue cose preser- vate. Eppure non se ne è mai fatto mai nulla. È triste».
La farsa del doppio funerale di Pino Daniele. Se le avesse detto a gennaio queste parole, sarebbe stato massacrato e non solo dalla cosiddetta massa acritica. Nessuno si è mai posto quella domanda semplice semplice, da re nudo, che pone Lello Arena: “se lui a Napoli non ci voleva più stare un motivo ci sarà pur stato, no?”. E poi il luogo per ricordare Troisi si avvicina al rapporto con Maradona. Un intoccabile, un dio in vita da venerare eppure non c’è nulla di lui, un piccolo museo, una collezione, niente. Come, peraltro, per Pino Daniele.