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Sarri si definisce un allenatore da progetto. De Laurentiis è d’accordo?

Sarri si definisce un allenatore da progetto. De Laurentiis è d’accordo?

Mancavo dal Castellani di Empoli da 136 giorni. Mancavo dalla serata della “vergognosa disfatta”. La serata in cui parte della tifoseria ripudiò definitivamente il Napoli di Benitez. Un altro Napoli mi aspettava domenica, un altro Napoli, ma con molte facce uguali, vuoi perché in fondo sono passati appena 136 giorni, vuoi perché qualcuna tra le nostre facce nuove, a cominciare dall’allenatore, c’era anche l’ultima volta, anche se dall’altra parte della barricata. Un’altra partita, un altro Napoli. Ma l’angoscia è ricominciata dopo appena 136 secondi, quando Saponara, ancora lui, si è bevuto la difesa e ha segnato. La domanda è rimasta la stessa: possibile che al nono torneo consecutivo di Serie A la difesa del Napoli in certe occasioni si sciolga come neve al sole? Sì, perché di gol evitabili ne abbiamo presi tanti in questi anni, anche nelle stagioni migliori.

La reazione immediata del Napoli mi è sembrata frutto di iniziative individuali più che di un gioco metabolizzato. Il bellissimo gol di Insigne ne è stata la prova. Purtroppo il raddoppio degli empolesi ha vanificato gli sforzi e riproposto immediatamente i dubbi sulla tenuta difensiva. Dagli spalti si avvertiva l’impaccio di molti calciatori che non sempre sapevano cosa fare. Lo spartito non è sembrato chiarissimo, in fondo lo aveva detto anche l’allenatore che ci sarebbe voluto del tempo. Anche se il secondo tempo è iniziato in maniera incoraggiante, subito dopo la rete del secondo pareggio il Napoli ha purtroppo ripreso a fare confusione. Alcuni calciatori sono sembrati fuori condizione, molti palloni sono stati buttati un po’ a caso, le seconde palle sono state spesso preda degli avversari, ho visto poche idee offensive e scarsa lucidità negli ultimi 30 metri. E soprattutto mancava fluidità, come se i calciatori non fossero sicuri di ciò che facevano. Anche domenica il Napoli, a parte qualche sprazzo, non ha spaventato mai abbastanza l’Empoli nonostante che molti tra i calciatori di Giampaolo soffrissero fisicamente. Crampi, stanchezza, addirittura qualcuno che è crollato in corsa. Ma il Napoli non ne ha saputo approfittare. Non ha proposto azioni offensive organizzate a tal punto da mettere in crisi la difesa di casa. Forse neanche il palo di Callejon, fermato per dubbio fuorigioco, ha avuto i crismi di un’azione, essendosi trattato di un tap-in su una respinta del portiere.

Questo Napoli d’inizio stagione, a parte un tempo di Napoli-Sampdoria, non mi ha mai dato la sensazione di dominare l’avversario, né fisicamente né psicologicamente. Ho l’impressione che per ora, nonostante i campioni del suo attacco, il Napoli non faccia più tanta paura. Questa squadra è individualmente migliorata, almeno sulla carta. Reina, Allan e Valdifiori sono stati giudicati tre acquisti pregiati. Mentre chi è andato via da Napoli non era stato considerato, almeno durante l’ultima stagione, fondamentale per le sorti della squadra. L’attacco è rimasto uguale e teoricamente forte come l’anno scorso. Però non punge più come prima. La difesa ha subito sei gol in tre partite nonostante che in porta sia tornato l’idolo Reina. Il centrocampo è sulla carta migliore del precedente. Ma il Napoli non domina in mezzo al campo.

Sarri ha bisogno di tempo. Questo è il “verbo”. Lo dicono tutti, anche i peggiori critici dell’ultimo Napoli. Per ora i fatti dicono che due punti in tre partite sono il peggior risultato di questa società dal suo ritorno in Serie A. Però Sarri si autodefinisce “allenatore da progetto”. Lasciamo correre l’incauta frase “tre anni per diventare come l’Empoli”, però un progetto è tale se è condiviso da tutte le componenti. Tutto dipenderà da De Laurentiis. Se realisticamente potrà essere accettabile pareggiare le due gare interne contro Lazio e Juventus, squadre sulla carta al livello o migliori del Napoli, la gara col Carpi è invece fondamentale. Sarebbe intollerabile scivolare contro l’ennesima squadra abbondantemente alla portata degli azzurri. Senza trascurare l’esordio in Europa League dopo una stagione in cui il Napoli è stato semifinalista e si è attestato nell’élite del calcio europeo.

Il pubblico napoletano al Castellani è stato molto paziente. Credo più paziente, affettuoso e vicino al Napoli rispetto a quanto vedo e sento al San Paolo. Ho visto un tifo per niente avvelenato ed ancora genuino direi, nonostante la delusione del risultato. Però di tanto in tanto in tribuna riaffiorava il nome di un allenatore che per due volte decise di lasciare il Napoli riuscendoci la seconda volta e che ora è senza lavoro, anche se è il suo riposo è molto ben remunerato. La tentazione di ricominciare da lui potrebbe diventare una sconfitta. L’ammissione della maturità mai raggiunta. Andare col cappello in mano da chi per più di una volta si è dimostrato non interessato fino in fondo perché “aveva dato tutto” sarebbe a mio avviso un passo indietro.

Ecco perché De Laurentiis deve decidere oggi cosa sarà del progetto Sarri. Ci convinca prima di tutto che Sarri non è stata la seconda o la terza scelta. Perché se è vero che abbiamo visto squadre recuperare dopo handicap iniziali, ciò è accaduto quando presidenti e ambiente hanno lasciato lavorare gli allenatori senza farli sentire precari ad ogni sconfitta. E se non vogliamo scrivere ancora una volta del solito Sacchi, di altri esempi non ne mancano ed uno dei protagonisti è stato più volte proprio l’allenatore attualmente campione d’Italia. Allegri iniziò malissimo nel Cagliari del 2008-09 perdendo le prime cinque partite. Cellino gli fece continuare il torneo fino al nono posto finale con 53 punti. Ma se il nono posto non è nelle ambizioni del Napoli, ricordiamo che il Milan dello stesso Allegri nel 2010-11 vinse lo scudetto nonostante i cinque miseri punti delle prime 4 giornate e che l’anno successivo arrivò ad un soffio dallo scudetto nonostante avesse fatto appena due punti (come Sarri) nelle prime 3 partite.

Però se De Laurentiis intende difendere Sarri fino in fondo lo faccia già da oggi fermando gli eventuali malumori della piazza e le voci che dovessero diffondersi su presunti cambi di allenatore. E lo faccia anche dopo, anche se il Napoli dovesse avere non più di 6-7 punti in classifica dopo le prossime 3 giornate. Se è convinto, continui a concedere senza se e senza ma a Sarri quelli che quest’ultimo definisce “passi in avanti senza risultati”. Se invece non dovesse più essere convinto del “progetto Sarri”, non faccia inutili proclami di fiducia eterna e non perda troppo tempo prima di cambiare la guida tecnica. Perché la precarietà può solo peggiorare la situazione e far svanire del tutto la fiducia nell’allenatore e l’autostima della squadra.

A sua volta Sarri sappia che sta sfruttando bonus mediatici difficilmente concessi ad altri allenatori. Gode di simpatie televisive ed ambientali inattese. SI faccia furbo. Non faccia la fine di chi fu accusato di “non conoscere il calcio italiano”. Lui che invece conosce benissimo il nostro football, faccia contenti i suoi “cantori”. Non faccia quello che i media rinfacciavano al suo predecessore, ovvero prediligere l’integralismo dei “suoi schemi e dei suoi automatismi” ai punti in classifica, definendo “i passi in avanti più importanti dei risultati”. E porti fieno in cascina. Se ne è capace. Perché avere un progetto a lunga scadenza non ti permette di perdere con tutti in attesa di assimilare “gli schemi e gli automatismi”. A Napoli come altrove. E’ la legge del nostro calcio. Altrimenti la luna di miele con gli ammiratori delle “maglie sudate” finirà all’improvviso e molti dimenticheranno persino che lui è “un figlio di questa città”.
Roberto Liberale

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