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La Pennetta vince e annuncia il ritiro. Ma dopo di lei non c’è il buio. Il tennis femminile è vivo

La Pennetta vince e annuncia il ritiro. Ma dopo di lei non c’è il buio. Il tennis femminile è vivo

La scena è tutta di Flavia Pennetta. Vince gli Us Open, abbraccia l’amica-rivale Roberta Vinci e poi a sorpresa annuncia il ritiro. Finirà la stagione e addio racchette, scarpe, calzettoni, elastici per i capelli, allenamenti. Lascia nel momento più alto della sua carriera, dopo aver vinto un titolo del Grande Slam, gli Us Open: un trofeo mai vinto da un italiano. Nella storia del tennis, l’Italia ha conquistato quattro volte Parigi. Mai una finale nelle altre tre prove dello Slam. Flavia Pennetta ha scritto una pagina storica dello sport e del tennis italiano. 

Lo ha fatto insieme con Roberta Vinci che in semifinale ha eliminato una Serena Williams avviata alla conquista del Grande Slam. È stata una finale tutto sommato bruttina. Entrambe le tenniste erano molto contratte. Il quinto game del primo set è stata una galleria di orrori tennistici. Braccino, colpi fuori misura, quasi mai un vincente, risposte fuori registro. Un primo set esclusivamente di nervi, con la Pennetta che va avanti di un break, si porta 40-15 sul 4-3 e poi spreca. La Vinci torna in partita, sembra anche più in palla, serve meglio, sicuramente mette in campo una percentuale più alta di prime palle. Di tecnica ce n’è poca. Il tennis non è sempre scambi mozzafiato. È un gioco di testa in cui in certe situazioni la tecnica conta poco. Si arriva al tie-break e la Pennetta è più lucida e meno fallosa.

Di fatto la finale finisce qui. Come liberata da un incubo, Flavia scappa 4-0 nel secondo e nemmeno un parziale recupero della Vinci le incute timore. Si è liberata e mentre qualche goccia di pioggia comincia a scendere sull’Artur Ashe Stadium si aggiudica la finale al primo match point. 7-6 6-2 il punteggio finale. Getta la racchetta in area, sorride come in un film. Addio volto contratto. È un sorriso liberatorio. Si avvicina sorridendo alla rete e le due si abbracciano a lungo: un momento emozionante. Ridono, magari pensano alle loro sfide da quando avevano nove anni, come dirà qualche minuto dopo Flavia. «Potremmo scrivere un libro su tutto quel che abbiamo vissuto». Dalla Puglia a Flushing Meadows.

Flavia si prende la scena fino alla fine. «Non avrei mai immaginato di vincere il torneo. Da piccola sognavo di diventare numero uno, magari di vincere Roma ma uno Slam è meglio – dice sorridendo -. Devo dire ancora un’altra cosa. Un mese fa avevo deciso di smettere». E il pubblico applaude. Lei sorride come una bambina. Concluderà la stagione e poi abbandonerà. In tribuna applaudono Matteo Renzi e il numero uno del Coni Giovanni Malagò cui – al di là dei meriti su cui ora non ci soffermiamo – la fortuna non manca.

Si chiude una pagina straordinaria dello sport italiano. Nessun appassionato avrebbe mai immaginato la vittoria di un italiano agli Us Open. Ci hanno pensato due donne. Sono le donne che da una decina di anni tengono alta la bandiera del tennis nazionale. Un movimento che non smette di sfornare giocatrici di livello medio-alto: Schiavone, Pennetta, Errani, Vinci, oltre a Santangelo, Knapp, Giorgi. Oggi abbiamo cinque tenniste nei primi cinquanta posti della classifica mondiale. Abbiamo vinto quattro Fed Cup, la Coppa Davis al femminile, Errani-Vinci in doppio hanno vinto tutti i tornei dello Slam. Insomma, una smentita in piena regola al Nanni Moretti che in Aprile tracciò il profilo tipico (deprimente) del tennista (maschio) italiano. 

Adesso la Pennetta si ritira, la Schiavone è scesa quasi al numero cento della classifica mondiale. Hanno vinto entrambe un titolo dello Slam, la Schiavone ha perso anche una finale (a Parigi). La novità è che dietro di loro non c’è il buio. Non è più solo la messianica attesa del talento. Ed è questa la novità più importante. Certo sarà difficile pensare di rivincere lo Us Open ma è raro nello sport italiano che all’addio di una campionessa (o di un campione) segua una strada comunque illuminata.

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