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Napoli-Lazio, ancora voi. Le affinità tra Lotito e De Laurentiis e le triplette di Diego, Cavani e Higuain. Fino a quel rigore

Napoli-Lazio, ancora voi. Le affinità tra Lotito e De Laurentiis e le triplette di Diego, Cavani e Higuain. Fino a quel rigore
Lotito e De Laurentiis

Napoli-Lazio è una di quelle partite che può essere definita una classica. Un tempo venivano così etichettate le sfide tra squadre che avessero vinto almeno uno scudetto. Napoli e Lazio ne hanno vinti due a testa. La Lazio reclama il terzo, persino giustamente visto che il campionato 1914-15 venne sospeso e assegnato d’ufficio al Genoa che era in testa al girone settentrionale. La Lazio, che era in testa al girone meridionale (con due punti di vantaggio sulla Romana, la Roma ancora non esisteva) e che quindi avrebbe sfidato i Grifoni nella finale, venne privata del titolo ex-aequo. 

Due scudetti a testa. E anche una storia simile, nel medio periodo e soprattutto negli ultimi dieci anni. De Laurentiis e Lotito, entrambi uomini lontani dal calcio, acquistarono Napoli e Lazio nel giro di pochi giorni nell’estate del 2004. Addirittura Lotito si sobbarcò l’onere di ripagare i debiti (spalmati ma sempre non suoi) della gestione Cragnotti. Hanno vinto gli stessi titoli in dieci anni: due Coppe Italia e una Supercoppa e hanno lo stesso rapporto controverso con i propri tifosi che contestano l’operato delle società anche se nell’ultimo decennio hanno ripreso a frequentare le zone nobili del campionato italiano.

La Lazio il suo eroe non ce l’ha più: quel Chinaglia di cui i tifosi del Napoli fischiarono il minuto di raccoglimento all’Olimpico; noi ce l’abbiamo ma non è quel faro, quella guida intellettuale che i media vogliono far credere: le parole di Maradona su Sarri in fondo sono scivolate via con poca acqua. Entrambi eroi chiacchierati. La Lazio ha avuto un’età dell’oro in più di noi in cui ha vinto uno scudetto, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa europea, due Supercoppe italiane, tre Coppe Italia. 

La storia dell’ultimo anno è quasi in fotocopia. La Lazio, come il Napoli, ha perso la Champions ai preliminari. E i loro tifosi, come i nostri, hanno addebitato le responsabilità al mancato mercato del presidente. Hanno avuto anche loro il flop di abbonamenti, mai quanto il nostro ma lo hanno avuto. E lo scorso anno il duello è durato un anno intero. Noi siamo partiti meglio ma le sfide decisive le hanno vinte loro: in semifinale di Coppa Italia e all’ultima giornata, quando hanno vinto al San Paolo 4-2 dopo aver rischiato per un rigore concesso al Napoli a dieci minuti.

Gli incroci tra Napoli e Lazio non finiscono qui. Partono da lontano. Nel 1975, tanto per dirne una, dopo la vittoria degli azzurri all’Olimpico, grazie a un gol di Boccolini, si levò spontaneo il coro “Oj vita, oj vita mia” che ormai al San Paolo non si ascolta più: è più semplice sentirlo negli stadi avversari in cui lo cantano in segno di scherno. Due anni prima, ci battemmo fino allo spasimo all’ultima giornata per battere i biancocelesti in corsa per lo scudetto. E ci riuscimmo, mentre il Milan si liquefaceva a Verona e la Roma si faceva rimontare dalla Juventus per appuntarle il tricolore sul petto. È leggenda la frase che Juliano avrebbe nell’intervallo ai laziali che andarono da lui a chiedere un trattamento di favore: “siete arrivati tardi”.

A Napoli, al San Paolo, 28 anni fa, la Lazio evitò l’inferno della serie C battendo negli spareggi per non retrocedere il Campobasso grazie a un gol di Poli. Era il 1987. Due anni prima quella Lazio ne prese quattro in una delle indimenticabili giornate di Maradona a Napoli: tripletta con gol a pallonetto e da calcio d’angolo. Tre anni dopo fu un gol di Baroni, sempre alla Lazio, a cucire il secondo scudetto sulle maglie azzurre.

È una storia di incroci, corsi e ricorsi storici e calcistici. Napoli-Lazio resta una delle partite memorabili della gestione Mazzarri. Si giocò alle mezza. E finì 4-3 con il cuore dei tifosi che quasi non reggeva per l’altalena di emozioni e le vertigini per essere ancora in lotta scudetto a poche giornate dalla fine. 4-3 con tripletta di Cavani. Che ne segnò tre anche nella sua ultima sfida alla Lazio. Tre sbagliando persino un rigore. Tre come Maradona. Tre come Chinaglia in un 3-3 nell’anno in cui Maestrelli divenne il re dell’altra Roma. Tre come Higuain due anni fa, in una partita che pure non contava granché. L’anno scorso Gonzalo si fermò a due. Ma è storia passata. Arbitra Damato, con lui Gonzalo sbagliò un rigore a Bergamo. Chissà che domani non abbia l’occasione per superare il trauma.

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