ilNapolista

I sei gradi di separazione tra Mertens e l’Inter

I sei gradi di separazione tra Mertens e l’Inter

A vederlo giocare se ne coglie subito la dimensione verticale. Non tanto, non solo, per i suoi passaggi sempre estremi e per la ricerca della palla in profondità. Parlo di una verticalità sua, fisica, scheletrica. Dries Mertens gioca sempre dritto come un fuso, come un gambo di sedano drizzato in un campo del Brabante fiammingo. Atipico fra ali atipici, esercita il suo magistero di fantasista fuggendo dal baricentro basso. Punta il sedere verso il prato ma petto e spalle vanno contro il cielo. 

Mostra la stessa schiena geometrica (PRIMO GRADO DI SEPARAZIONE) esibita a suo tempo da Fabio Capello: era parte di un patrimonio posturale, testa alta, torace in fuori, bacino e rachide verticale proiettati all’ingiù, ancora un passo e saremmo alla lordosi, che per lo storico Duby era una deformità specifica femminile: “Le eroine da romanzo sono gracili, delicate. Per offrire agli sguardi maschili un busto fiorente, un’emozionante fondo schiena, le donne incurvano il busto, inarcano la schiena”. 

Chi si divertiva a fare l’imitazione di Capello, a tenere il busto eretto, gli occhi alti, la mascella in fuori, era (SECONDO GRADO DI SEPARAZIONE)  Antonio Cassano. La cosa nacque a Madrid, andò in scena in pubblico la prima volta alla vigilia di una partita di campionato. Capello se la prese, anche se fece finta di divertirsi molto e disse: “Cassano mi ha fatto ridere”. Qualche anno più tardi però tirò fuori la storia che Cassano manca di rispetto a tutti, il che può anche essere vero, ma la cosa era sospetta, secondo me era una reazione ritardata a quello sfottò.

Nel frattempo Cassano era già andato a ripetere l’imitazione in tv da un altro Fabio, Fabio Fazio (TERZO GRADO DI SEPARAZIONE), non a caso, perché a sua volta Fazio aveva cominciato il percorso professionale come imitatore, prima alla radio e poi sullo schermo, inizialmente accanto a Giancarlo Magalli e Raffaella Carrà, successivamente in un programma di Loretta Goggi, e successivamente sarebbe arrivato il successo. Fazio aveva cominciato imitando non Capello, che all’epoca aveva smesso di giocare da tre o quattro anni ed era l’allenatore della Primavera del Milan; le sue voci preferite da riprodurre erano quelle di Mike Bongiorno e Gianni Minà. (QUARTO GRADO DI SEPARAZIONE)

Forse i più giovani non sanno chi sia, ed è per loro che bisogna accennare brevemente alla sua importanza, alla sua centralità laterale nella storia della televisione italiana e – mi voglio sbilanciare – nella storia della cultura pop del nostro paese. Minà è un giornalista e scrittore torinese, fra tre anni ne compirà ottanta, e proprio negli Ottanta, quelli con la O maiuscola, inventò su Rai due un programma domenicale innovativo. Si chiamava Blitz. Era alternativo al main show di Pippo Baudo. Minà portava in televisione personaggi come Eduardo, Fellini, Garcia Marquez, Sergio Leone, Robert De Niro, e non li portava soltanto, di loro era amico. Li portava sotto traccia, chiacchierandoci con lievità, nell’ora in cui all’epoca la domenica si andava allo stadio. Per questo poi dicevo: centralità laterale.

Siccome gli imitatori più bravi alla fine non sono quelli che riproducono meglio la voce ma sono quelli che scrivono i testi migliori, il miglior imitatore di Minà è secondo me (QUINTO GRADO DI SEPARAZIONE) Fiorello, che gioca proprio sulla quantità e sulla qualità delle conoscenze del giornalista. Un po’ come nel famoso sketch di Troisi e dell’agenda telefonica (lo trovate su YouTube), Fiorello si diverte a ricreare un Minà in grado di avere accanto a sé chiunque voglia. La forza della parodia consiste negli accostamenti improbabili e nella loro finta epicità centro-sudamericana: “Eravamo io, Fidel, Ivan Pedrosa, Paco Peña, Cassius Clay, Dorando Petri, i Supertramp, John Cassavetes, Red Canzian, Carlo Croccolo, Valery Borzov, e a Cuba si passava il tempo giocando a doppia il leone”. 

Qui, rispetto a Fazio e anche rispetto a Cassano, sta la forza di Fiorello, il cui cuore calcisticamente batte per l’Inter di Roberto Mancini (SESTO GRADO DI SEPARAZIONE), tornata al primo posto in classifica dopo cinque anni di risultati pallidi. Può darsi, secondo me no, ma potrebbe darsi, che l’Inter riesca anche a vincere il campionato. In ogni caso, comunque finisca, ci toglieremo sempre una soddisfazione su Mancini, che durante il mercato è riuscito con il suo carisma personale ad attrarre in maglia nerazzurra giocatori come Kondogbia, Miranda, Jovetic e Felipe Melo. Mertens no. Nonostante i tentativi dell’Inter, Mertens è rimasto qui, e mentre segnava il suo secondo gol al Bruges, riflettendo sul fatto che la sua schiena somiglia a quella di Capello, che veniva imitato da Cassano, che andò da Fazio, che imitava Minà, che viene meglio a Fiorello, che tifa Mancini, pensavo che non c’è cosa più bella che essere del Napoli.
Elena Amoruso

ilnapolista © riproduzione riservata