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Confessioni di un tifoso del Napoli che ancora si emoziona al pensiero di tornare al San Paolo

Confessioni di un tifoso del Napoli che ancora si emoziona al pensiero di tornare al San Paolo

Dunque ci siamo.
Ancora qualche giorno e saremo al San Paolo.
Il San Paolo. Non so a voi, ma a me queste due parole continuano ad emozionare. Certo, avete ragione, il nostro impianto ha conosciuto giorni migliori e da troppo tempo meriterebbe quantomeno una messa a nuovo.
Ma è il San Paolo. Tempio e simbolo da tempi immemorabili di questa nostra fede profana. Abbandonarlo, solo perché in cattive condizioni, sarebbe come abbandonare una chiesa per un vetro rotto o una panca logora. Imperdonabile. 
E poi quel mastodontico scrigno custodisce un lembo sacro di terra ed erba. Quel terreno è stato lo scenario delle gesta del più grande di ogni tempo; ci ricorda che il nostro posto nella Storia del calcio l’abbiamo conquistato. Nessuno potrà mai togliercelo.
Ma in fondo questo è solo un particolare. A me basterebbe ricordare che è lo stesso fazzoletto di terra che ha fissato mio padre, e suo padre prima ancora di lui, per amarlo, incondizionatamente.

Ancora un po’ e saremo al San Paolo, dicevo. Quelli come me non ci vanno ad inseguire una mentalità e neanche spinti dalla complicità di un gruppo. Non hanno posti riservati, non troveranno decine di amici pronti ad accorglierli. Il giorno in cui smetteremo di andarci, non ci saranno struggenti striscioni, nè tributi commossi dalla squadra. Decine d’anni passati su quegli spalti e nessuno si ricorderà di noi.
Ma non importa. Quelli come me ci mettono poco a capire di non contare poi molto. Ne abbiamo viste tante, e tante siamo stati costretti a sopportarne. Ogni anno giuriamo che sia l’ultimo ma poi, inesorabilmente, ritorniamo. Perché la passione, alla fine, vince ogni proposito razionale.
Saremo al San Paolo. Non per pretendere, né tantomeno a giudicare. Continuiamo a pensare che chi è deputato a fare delle scelte sia più qualificato di noi, e le sue idee valgano più delle nostre. Follia, di questi tempi.
Andiamo a dare il nosto piccolo, insignificante contributo alla causa, sapendo che in cambio riceveremo probabilmente solo ansia, sofferenza e rari momenti di gioia.

Mai nulla ho chiesto al Napoli. Ma se mi fosse concesso, se fosse possibile, la mia richiesta sarebbe solo una: cerca, almeno per un secondo, i nostri volti tra gli spalti.
Riconoscerci sarà difficile tra la folla acclamante di un giorno di festa. Ma quando, inevitabilmente, giungerà una disfatta, quando quella stessa folla ti avrà voltato le spalle e ti urlerà la sua rabbia, riuscirai forse a distinguerci: saremo i soli a provare, nonostante tutto, a darti conforto. In un timido applauso, in una sciarpa azzurra alzata al cielo.
Ricordati di noi: siamo gli unici su cui potrai sempre contare. Perché abbiamo fatto una scelta: condividere ogni tua sorte. Se vincerai, vinceremo con te. Se cadrai, cadremo con te.
Mai ci uniremo al coro dei distinguo del giorno dopo; mai cercheremo il riparo di un facile “l’avevo detto”. Avere ragione non sarà mai, per noi, di alcuna consolazione.
Quando l’onda dei giudizi urlati, dei processi sommari, si alzerà forte e cercherà i suoi colpevoli, anche verso di noi punterà il dito. E continueremo a difenderti, ancora una volta.
Non so in quanti siano rimasti a pensarla così: gli ultimi soldati di una guerra persa da chissà quanto tempo, combattuta con armi spuntate e insufficienti, le stesse di sempre.
Potrei anche essere ormai l’unico, nulla cambierebbe.
Perché tra poco sarò al San Paolo. Ed è l’unica cosa che conta.
Luca D’Emilio

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