ilNapolista

Da Kondogbia a Tevez: quando si parla di Juve, Inter e Milan il linguaggio del giornalismo sportivo si ammorbidisce

Da Kondogbia a Tevez: quando si parla di Juve, Inter e Milan il linguaggio del giornalismo sportivo si ammorbidisce

Le parole, come diceva quello là del cinema, sono importanti. Chi controlla le parole, controlla il senso delle cose e dunque l’interpretazione dei fatti. Chi padroneggia l’arte dell’esposizione, definisce i contorni della realtà. Narrazione e storytelling sono la cifra della comunicazione contemporanea. Lo sono nella politica e lo sono anche nel calcio. Il perfetto detentore del potere è oggi il padrone del dizionario dei sinonimi e contrari, vale a dire quella persona che sa utilizzare la sfumatura adatta a ogni contesto. Sfogliate le pagine dei quotidiani in questi giorni e ve ne renderete conto. L’Inter ha appena speso 40 milioni di euro per l’acquisto di un calciatore che ha 22 anni e gioca da mediano. Non ha mai giocato in una squadra da scudetto, non occupa in campo un ruolo con cui si incide in maniera diretta sul risultato. Tra bonus e stipendio si tratta di un affare da 80 milioni di euro. Ma il suo acquisto viene presentato come un colpo grosso in prospettiva. Sono lontani i tempi in cui l’Italia si indignava per i 2 miliardi di lire con cui il Napoli comprava Savoldi nel 1975 oppure i 13 con cui ingaggiava Maradona nel 1984. Soprattutto, questo calciatore, il francese Kondogbia, ha il pregio di appartenere a quella parte di Paese che controlla le parole, il senso delle cose, l’interpretazione dei fatti, l’arte dell’esposizione, la definizione dei contorni della realtà, la narrazione dei giusti. I soldi per Kondogbia sono ben spesi. Solo due estati fa, i 40 milioni spesi dal Napoli per l’acquisto di Higuain, che veniva da un club di maggior prestigio, da una scuola calcistica di rilievo superiore e che soprattutto fa più gol, dettaglio mai trascurabile nel calcio, furono definiti troppi. Pagato a caro prezzo, si diceva, e lo si diceva soprattutto perché su Higuain c’era stata fino a poco prima la Juventus, che oltre i 20 milioni di offerta non si era voluta spingere. Ovviamente i 32 spesi per Dybala quest’anno sono un investimento.

Torniamo a Kondogbia e all’Inter. Siccome stiamo parlando di un club con bilanci in rosso e che l’Uefa ha sanzionato per la violazione delle norme sul fair play finanziario, un lettore si aspetterebbe di trovare da qualche parte come sia possibile che questo club spenda 40 miioni per un solo giocatore, dopo aver già preso altri due calciatori e senza alcuna intenzione di volersi fermare. La spiegazione è che per poterselo permettere dovrà cedere alcuni dei suoi giocatori di primo piano. Ma lo storytelling impone di scavare nelle sfumature. Se guardate i titoli di oggi, l’Inter non vende bensì “vuole fare cassa”. L’Inter non sarà costretta a cedere Kovacic (che quando arrivò fu presentato come il nuovo grande talento del calcio mondiale), Hernanes, Guarin e chissà chi altro: questi  non sono altro che “affari in uscita”. Leggete meglio. L’Inter non ha perso Yaya Toure, l’Inter ha preso il nuovo Yaya Toure. Il controllo delle parole ha consentito alla Juventus di arrivare a fine stagione senza che fosse mai affrontata come un caso la voglia di Tevez di non rinnovare il contratto. Voleva andarsene ma la parola “addio” è stata sostituita nella narrazione dalla parola “nostalgia”, più morbida, più dolce e meno ostile, salvo scoprire col tempo che Tevez voleva andarsene e basta, non per forza al Boca nella sua Argentina, ma era tentato anche dal Psg e dall’Atletico Madrid del suo amico Simeone. Se il Napoli prima di scegliere il suo allenatore ne contatta cinque, il Napoli è in confusione mentale. Se il Milan prima di far firmare Mihajlovic contatta Ancelotti, Spalletti, Emery, Prandelli e Conte, nei titoli dei giornali sta facendo “casting”. Se i soldi in cassa sono pochi, non sta vivendo un periodo di crisi, ma si tratta di un mercato low cost. I grandi campioni che nei titoli il Milan aveva già comprato, sono rimasti dove erano o peggio ancora sono andati altrove. Il potente fondo Doyen, raccontato come l’entità che avrebbe rivoluzionato gli assetti del mercato italiano, adesso è colpevole di ingenuità e di aver mandato fuori strada l’infallibile Galliani. In questo e in casi come questi non cercate la parola flop perché perdereste tempo. 
Olio Devoto

ilnapolista © riproduzione riservata