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Il Napoli sfida il Wolfsburg della Volkswagen. E la mente va al 1989, quando battemmo Fiat, Bmw, Porsche e Mercedes

Il Napoli sfida il Wolfsburg della Volkswagen. E la mente va al 1989, quando battemmo Fiat, Bmw, Porsche e Mercedes

Italia contro Germania: un classico. Partenope in trasferta a Wolfsburg, nel regno di un colosso dell’automobilismo. Non è la prima volta, nel 1989 andammo in rapida sequenza prima a Monaco (patria della Bmw, con a pochissima distanza Ingolstadt, sede dell’Audi) e poi a Stoccarda, dove di casa sono Porsche e Mercedes. A Wolfsburg ci aspetta la Volkswagen, che partecipa il club e a cui è intitolato lo stadio dove si giocherà.

Piccolo inciso: io c’ero con la Juve, quel 15 marzo 1989, quando ribaltammo il 2-0 dell’andata. In curva B con il mio fido amico Gianni. Al gol di Renica, ci trovammo tre file più in basso, ubriachi, pazzi di gioia. A Torino c’è la Fiat. Ancora auto, ma non di estrazione teutonica. Strano, eh?! Coincidenza? Non credo proprio…

Ma LA partita fu con il Bayern, quella fu una sinfonia, un’opera perfetta, una scultorea interpretazione del gioco del calcio. Era il 5 aprile 1989, era dopo la Juve, la seconda tappa automobilistica, un veloce passaggio dalle rumorose Fiat alle felpate tedesche. Quel giorno aveva piovuto, e il dopo pranzo era carico di umidità e di eccitazione per l’incontro serale. Il cielo si aprì e il colore dell’aria era di un arancione carico, come spesso capita dopo i temporali quando il sole irrompe prepotente.

“Vogliamo andare al campo?” mi domandò mio padre. Il “campo” per lui era lo stadio, un vezzo di un amante del calcio che – come me – scarso nel giocare, si divertiva (lui) ad allenare nel torneo Matusa, per over 50. Il “campo”.
“Papà ma i biglietti sono esautiti da tempo”, obiettai.
“Andiamo lì fuori e vediamo se troviamo qualcosa, mal che vada ce ne toriamo a casa”.

I bagarini, quello era il nostro obiettivo, con nessuna tattica in particolare: volevamo un biglietto, di qualsiasi settore. Lo stadio era in rifacimento per Italia ’90, la pista di atletica grattata via, e i piloni della copertura nemmeno a metà. Un cantiere con 80mila persone all’interno. Ci siamo anche noi, abbiamo trovato il biglietto, “Tribuna Laterale B”, dice, quella che oggi hanno rinominato Tribuna Nisida. Niente posti numerati, niente sediolini (non ancora), per una modica spesa di 80mila lire a cranio. Durante la partita riprese a piovere e dai piloni colavano dei veri e propri fiotti di pioggia: doveva esserci qualche punto in cui si annidava un bel po’ di acqua, fino a debordare, io gli piacevo assai come bersaglio. La copertura non era ancora installata. A distanza di non pochi anni la situazione non è granché migliorata…

Carnevale mi segnò praticamente a pochi centimetri dalla punta del naso, e il ritorno a casa fu tutto un ripassare la partita, le azioni, le carezze al pallone di Diego. Avevamo idealmente demolito la Bmw. All’Audi ci pensammo al ritorno, con una partita tanto eccitante in avvio quanto scellerata nel finale. Le vituperate auto italiane stavano prendendosi una rivincita contro le corazzate tedesche.

I ricordi, gli incroci e la cabala sono essenziasli per noi tifosi, e non importa l’estrazione sociale, il livello di istruzione, la fede in un qualsivoglia Dio: dalla disposizione del telecomando sul tavolo alla sciarpa preferita, dalla maglietta intima portafortuna al santino. Sacro e profano si fondono e ognuno ha i suoi riti, la propria liturgia, per invocare forze pagane benevole per i nostri beniamini.

Quasi quasi chiamo papà e vedo se la settimana prossima gli va di andare al campo con me…

#ForzaNapoliSempre
Marco Fava

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