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Il giorno in cui il Napoli ha ricordato a tutti che cos’è lo sport

Il giorno in cui il Napoli ha ricordato a tutti che cos’è lo sport

È sabato 4 aprile, alle 12.30 si disputa Roma-Napoli.

La partita è molto importante dal punto di vista sportivo per la lotta al secondo posto e allo stesso modo anche dal punto di vista sociale e dell’ordine pubblico dopo la morte del tifoso del Napoli Ciro Esposito per mano del tifoso della Roma soprannominato Gastone!

All’Olimpico di Roma non sono presenti i tifosi del Napoli per questioni di ordine pubblico e le misure di sicurezza al massimo per evitare possibili scontri tra e tifoserie anche lontano dallo stadio.

La partita ha inizio e ora parlerà solo il campo.

In Curva Sud dell’Olimpico, casa dei tifosi ultrà della Roma, vengono esposti alcuni striscioni che recitano:

DANIELE CON NOI;

PARLI D’INFAMITA’ MA L’ARTE DEL PENTIRSI NASCE NELLA TUA CITTA’”

ANTONELLA LEANDRI TACI

CHE COSA TRISTE LUCRI SUL FUNERALE CON LIBRI ED INTERVISTE 

La partita continua. L’arbitro Rizzoli, considerato il migliore in Italia, fa finta di nulla e in un clima surreale si continua a giocare come se niente fosse.

All’improvviso un giocatore del Napoli impegnato in difesa si ritrova ad alzare la testa e guarda la Curva Sud, si ferma un attimo e legge, abbassa la testa, aspetta che l’azione si concluda e poi si incammina verso il capitano del Napoli in campo, Christian Maggio.

Con il pallone sotto al braccio dice al suo capitano: “siamo uomini di sport e non possiamo permetterci di giocare a calcio davanti a queste offese al dolore di una madre e alla città per cui giochiamo”.

Il capitano alza gli occhi, legge le frasi esposte e chiama a sé gli altri compagni di squadra in campo e quelli in panchina. Non si capisce cosa stia accadendo. Il pubblico dell’Olimpico li copre di fischi.

Si avvicinano tutti, anche l’arbitro Rizzoli e il capitano della Roma De Rossi. Ma il portiere del Napoli li allontana facendo capire loro che a questa discussione non possono prendere parte.

Dopo neanche  un minuto i giocatori sono tutti d’accordo: informano l’allenatore Rafa Benitez e il direttore sportivo Bigon della loro decisione ricevendo da loro un consenso sicuro.

Il capitano del Napoli con il pallone in mano si avvicina all’arbitro del match Rizzoli in presenza del capitano della Roma, gli consegna il pallone, gli stringe la mano e gli dice: «Non giochiamo davanti a queste offese, portiamo questa maglia e rappresentiamo una città, dobbiamo difendere la memoria e il dolore per #CiroEsposito».

Nessuno dei due dice nulla.

L’allenatore del Napoli si avvicina al suo collega Rudi Garcia e gli comunica la decisione presa dai suoi giocatori. L’allenatore della Roma gli stringe la mano e si avviano insieme negli spogliatoi.

I giocatori del Napoli raggiungono gli spogliatoi raccogliendo fischi ed offese di tutti i generi.

Dopo neanche un minuto arriva il tweet del Presidente del Napoli da Londra: “Sono Orgoglioso di Voi”.

Per la prima volta il calcio si è fermato ma non per scelta di un arbitro, di un politico o di un questore. Si è fermato per volontà degli stessi giocatori che si sono immedesimati nella maglia che indossano e nella gente che li sostiene. Per dare un segnale di cosa sia lo sport.

Sulle prime pagine dei quotidiani, sportivi e non, si legge: “Il Napoli dà lezione di sport”.

La società di De Laurentiis completa il suo percorso di internalizzazione non per meriti sportivi ma seguendo la strada dell’etica sportiva che forse è quella più importante.

Il calcio italiano reagisce assegnando la vittoria alla Roma per 3-0 mentre in ventimila a Napoli accolgono i calciatori alla Stazione centrale.

Le squadre di mezzo mondo sui loro siti ufficiali offrono la loro solidarietà al Napoli.

#CiroViveVeramente.
Sebastiano Petillo 

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