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Il calcio inglese si autoprocessa: “Siamo i malati d’Europa”

Il calcio inglese si autoprocessa: “Siamo i malati d’Europa”
Quest’anno sarà la prima volta, dalla stagione 1992/1993, che le squadre inglesi non raggiungeranno almeno i quarti di una competizione europea. Dopo l’uscita dalla Champions League dell’ultima squadra inglese, il Manchester City, la stampa anglosassone non ha usato giri di parole: “I malati d’Europa” ha titolato il Telegraph.

La storia del calcio europeo parla sopratutto inglese. Le squadre della Premier League hanno alzato 12 volte la Coppa dei Campioni con ben 5 squadre differenti (Manchester United, Chelsea, Aston Villa, Nottingham Forest e Liverpool). La Spagna (14) e l’Italia (12) hanno vinto solo con due (Real Madrid e Barcellona) e tre (Milan, Inter e Juventus) squadre diverse. La Premier League per tradizione esprime compagini altamente competitive. Negli ultimi 10 anni sono arrivate in finale Liverpool (2 volte), Arsenal, Manchester United (3 volte) e Chelsea (2 volte). Meno gloriose, ma comunque significative le vittorie in Coppa Uefa/Europa League. A guidare la classifica, come per la Champions, è il Liverpool con 3 vittorie, seguito dal Tottenham (2) ed una a testa per Ipswich Town e Chelsea. Oltre ai Blues, vittoriosi con Rafa Benitez, negli ultimi dieci anni solo due squadre, poi sconfitte, hanno raggiunto la finale: il Middlesborugh nel 2006 e il Fulham nel 2010. 

Ma è negli ultimi tre anni che c’è stato un vero e proprio tracollo. Dalla finale di Wembley del 2011 persa dallo United di Ferguson contro il Barça di Guardiola, solo il Chelsea, in maniera rocambolesca, è riuscito ad arrivare in finale e vincere il trofeo dalle “grandi orecchie”. Nel 2012-2013 e quest’anno, nessuna squadra è andata oltre gli ottavi.

Motivo per cui, Paul Hayward si chiede “Perché i club inglesi non puntano sull’Europa?”. Jamie Carragher su SkySport ha sostenuto che “con tutto il denaro che c’è in Premier League, dobbiamo necessariamente migliorare. Credo ancora sia il campionato più emozionante e più ricco, ma non lo è in termini di qualità.”

Le spiegazioni di questo tracollo possono essere diverse. C’è chi come Ronay sul Guardian invita a una moratoria sulle discussioni sugli arbitri: “Abbiamo perso 4 partite su 5, con un punteggio complessivo di 8 a 3. Bene. Qual è il piano? Ci sono state critiche ben motivate sulle carenze del calcio inglese. Che cosa fare chiaramente è un altro discorso, al momento non ci sono soluzione immediate. Per ora avanzo una modesta proposta, suggerisco a tutti (giocatori, commentatori, tifosi) di fare un voto collettivo per smetterla di parlare di arbitri. Vediamo dove ci porta. È inutile, noioso e immaturo questo dibattito, sopratutto per una grande nazione come la nostra.”

Un’altra scuola di pensiero, ne parlammo già a proposito del Boxing Day, che vede tra i più fieri sostenitori Arsene Wenger, tecnico dell’Arsenal, accusa gli organi di governo del calcio inglese di non proteggere abbastanza le squadre di Premier. “Non ho una spiegazione razionale per tutto questo. Forse può essere legato al fatto che il nostro è un campionato molto duro. Le squadre spendono molto in termini di energie e non vi è alcuna protezione in termini di preparazione per le partite. Questo poi lo paghiamo nelle competizioni europee contro squadre meglio protette nei loro campionati. Per noi è indifferente, fisicamente, preparare una partita europea o una nazionale.”
Un discorso simile fu fatto da Mourinho l’anno scorso a cavallo tra la sfida decisiva in campionato con il Liverpool e la semifinale di Champions con l’Atletico Madrid.

È noto che tra i due tecnici il rapporto non sia idilliaco, l’ultima volta che si sono incontrati è finita a spintoni, condividono però l’analisi sulle difficoltà del calcio inglese a livello europeo e paradossalmente l’eliminazione agli ottavi delle loro squadre ha come comune denominatore la regola del gol in trasferta.

Proprio contro questa norma si è schierato Wenger: “Due squadre sono state eliminate per dei gol in trasferta. Accetto il risultato, abbiamo perso e le regole sono regole. Dobbiamo fare meglio delle regole. Non voglio trovare scuse, ma da diversi anni invito ad un cambiamento. Il calcio moderno è cambiato. Questa regola è stata creata negli anni 60 per incoraggiare le squadre ad attaccare fuori casa, ma il calcio è diverso, non c’è più iper-difensivismo. Il peso del gol in trasferta oggi è troppo grande.”

La stampa inglese può anche sostenere la battaglia per cambiare la regola del gol in trasferta, il Mirror ha pubblicato ampi stralci di un articolo apparso qualche anno fa sul magazine The Blizzard, ma dati alla mano ha demolito l’impianto accusatorio costruito da Wenger ed altri: ”I club inglesi chiedono una pausa invernale, i dati dicono che questo può aiutarli – scrive Sean Ingle sul Guardianma non spiega perché c’è uno scarso rendimento in Europa. La Premier League ha iniziato a raccogliere dati fisici solo lo scorso anno, ma l’EA Sports Player Performance Index, che tra le tante cose monitora il numero di sprint e la distanza percosa, ci mostra risultati interessanti. Nell’ultima stagione i club inglesi che hanno partecipato alla Champions League correvano una media di 108,5 km per partita, prima di Natale, con una media di 508 sprint in un match. Dopo Natale i loro chilometri sono saliti a 110, mentre gli scatti sono scesi a 493,5.

In realtà se si esaminano i dati dei club inglesi impegnati in Champions, non vi sono segnali di crollo. Manchester City e Chelsea hanno coperto più distanza ed effettuato più sprint in media da Natale. Con riferimento a giocatori importanti, solo le statistiche di Fabregas sono peggiorate. Certo Chelsea e Manchester City sono state eliminate da squadre più forti secondo il rapporto Deloitte, mentre il Liverpool e il Tottenham in Europa League hanno deciso di schierare le seconde linee. Nulla di tutto questo nasconderà l’imbarazzo delle squadre inglesi, potrebbe però in parte spiegare la loro eliminazione”.

Sempre le statistiche dimostrano come il numero di partite disputate dai club inglesi sia in linea con le altre squadre europee. Il Psg ha giocato 45 partite contro le 44 del Chelsea. Il Barcellona 42 volte rispetto alle 41 del Manchester City, mentre l’ Arsenal 44 a confronto delle 43 del Monaco. La differenza è solo con la Germania, dove c’è una pausa invernale di 6 settimane. Il Bayern Monaco, per esempio, ha giocato 37 partite in questa stagione, e solo 11 nel nuovo anno. Anche nei minuti giocati c’è parità. Lionel Messi ha giocato 3531 minuti per il Barcellona e Cristiano Ronaldo 3.323 per il Real Madrid, mentre Alexis Sanchez ha giocato 3.326 per l’Arsenal e Eden Hazard 3.539 per il Chelsea.

Il Mail ritiene che il problema sia il tipo di gioco. “Fino a quando i club inglesi non impareranno a tenere palla, siamo destinati al fallimento. In Europa perdere il possesso è considerato un crimine, ma noi ne sembriamo ancora terrorizzati. È questa la ragione principale per cui le nostre quattro squadre sono state eliminate dalla Champions prima dei quarti. Riusciremo mai ad imparare? Probabilmente no. Guardando alla partita del City non c’è un solo giocatore dei Citizens che abbia toccalo la palla in più di 74 occasioni. È pietoso. Dov’era David Silva? Nasri? Yaya Tourè? Da nessuna parte. All’Etihad quando il Barça ha vinto, Messi ha toccato il pallone 107 volte, Milner con 64 tocchi era il giocatore del City con il più alto numero. Martin Jol, quando era allenatore del Tottenham, ha sempre invitato i suoi giocatori a tenere la palla. Ma non è servito a nulla. Chi ha seguito le partite delle squadre inglesi, non sarà sorpreso nel sapere che nessuna di loro è tra le prime cinque per precisione di passaggi. Le squadre d’élite si basano sul possesso, mantengono la circolazione della palla fino a quando non si apre uno spazio per colpire. Nei prossimi giorni sentiremo dire che il sistema è valido e va solo perfezionato. Inoltre ci sarà chi citerà le vittorie dell’Inter di Mourinho e di Di Matteo che hanno trionfato con il contropiede. Loro sono l’eccezione, non la regola. È evidente che che i campanelli di allarme di Roma (2009) e Wembley (2011) non sono serviti, abbiamo dimenticato d’impostare la sveglia. Possiamo anche continuare ad ignorare la questione, tanto ci saranno i brividi della Barclays Premier League questo fine settimana.”


La Premier League resta il torneo più ricco ed affascinante, nonostante i fallimenti europei. Guardando al resto d’Europa la situazione non è poi così florida. Le difficoltà italiane sono note e ne abbiamo discusso tante volte. Volendo tralasciare la Spagna (l’anno scorso due spagnole si sono giocate la Champions e il Siviglia ha sollevato nuovamente l’Europa League) a sorpresa anche nella Germania fresca vincitrice della coppa del mondo emergono le prime crepe. Il Bayern Monaco di Guardiola è l’unica tedesca ai quarti di Champions, mentre il Wolfsburg (secondo in Bundesliga e prossimo avversario del Napoli) è l’unica rappresentante in Europa League.

A questo proposito il Presidente della Federcalcio tedesca (DFB) Wolfgang Niersbach ha dichiarato: “Queste eliminazioni confermano quanto detto dopo la vittoria della coppa del mondo. Non c’è tempo per riposare, non c’è tempo di rallentare. Ci dobbiamo provare, se vogliamo rimanere in alto. Mi auguro che il Bayern possa arrivare in finale”.

Tornando al campionato inglese, in conclusione, gli addetti ai lavori affermano che è sempre stato intenso, difficile e senza tregua. Lo era negli anni 70/80 quando Liverpool, Nottingham e Aston Villa vincevano la Coppa. Lo era nel 2008, quando il Manchester United e Chelsea si sono giocati il trofeo nella finale di Mosca. Dov’è, dunque, la verità? Ci ha pensato Paul Scholes nel suo editoriale sull’Independent a riportare tutti con i piedi per terra. “C’era una volta, potremmo dire […] Nell’anno del treble abbiamo giocato 63 partite, non riesco a ricordare una volta in cui ho avvertito una sensazione di stanchezza. Abbiamo avuto 22 giocatori che erano pronti a entrare da un momento all’altro. Il filo conduttore per il fallimento di questa stagione? Io penso che le due spagnole ed il Bayern hanno semplicemente i giocatori migliori”.

God Save the Queen.
Alfonso Noël Angrisani
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