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Il Napoli e il complesso degli arbitri, sembriamo la sinistra con la barca a vela

Il Napoli e il complesso degli arbitri, sembriamo la sinistra con la barca a vela

Come spesso accade, è una questione di prospettive. Vale per il giudizio della gara giocata dal Napoli, per la prestazione di alcuni calciatori, per quella dell’arbitro Orsato e anche per Mino Raiola, la cui candidatura alla presidenza della Fifa squarcia veli impensabili per il futuro del calcio. Restiamo, per ora, nelle nostre stanzette. Il Napoli si è qualificato ai quarti di finale di Coppa Italia (mercoledì 4 febbraio al San Paolo contro l’Inter, ore 20.45) battendo l’Udinese ai calci di rigore, dopo aver faticato nonostante abbia giocato un uomo in più dalla metà del secondo tempo per l’espulsione di Widmer: doppia ammonizione per lui.

Benitez ha schierato quello che oggi potremmo definire il Napoli B. In panchina Rafael, Maggio, Koulibaly, David Lopez, Callejon, Higuain, De Guzman. Con Albiol squalificato (invero anche Inler). In difesa la poco rodata coppia Henrique-Britos, Mesto sulla destra e in avanti Gabbiadini e Zapata. Il Napoli ha giocato la partita che doveva giocare, soffrendo le accelerazioni degli Stramaccioni boys. In una stagione che nella peggiore ipotesi conta cinquanta partite e nella migliore sessanta, sono tanti gli incontri che non possono essere affrontati al massimo e che, nella più rosea delle prospettive, dovrebbero essere condotti in porto col minimo sforzo. Il Napoli ci ha provato ma ha capito subito che non era serata, sbagliando l’ennesimo rigore della stagione. Stavolta con Mertens.  

L’Udinese ha giocato bene. Del resto, nessuna delle due squadre ha concretamente impedito all’altra di giocare a calcio. I friulani sono passati in vantaggio in contropiede con Thereau e il Napoli li ha ripresi grazie al secondo rigore della serata. Per chi scrive è stato un rigore generoso conquistato ancora una volta da Zapata e realizzato da Jorginho. Subito dopo, l’Udinese è rimasta in dieci per un fallo ai danni di Mertens. La partita è rimasta molto equilibrata. Nei tempi supplementari, allo strepitoso gol di Hamsik (ancora una volta una esultanza educatamente polemica da parte del capitano) ha risposto un altrettanto bel gol del solito Kone. Nel finale, Britos ha salvato su Aguirre. E per la seconda volta consecutiva il Napoli ha vinto ai rigori. 

Particolare, questo dei rigori, che andrebbe rimarcato. Raramente si vince per caso o per fortuna. Stavolta il Napoli non ha sbagliato un tiro dagli undici metri. Probabilmente vincere aiuta a vincere. E forse è migliorata anche la capacità di concentrazione. Riuscire a superare il turno con il Napoli B (la Roma contro l’Empoli ha giocato con la formazione titolare) rappresenta un rilevante passo in avanti nella gestione del gruppo. Strinic sembra a suo agio in quel ruolo, eppure non sorprende notare come Gabbiadini appaia ancora avulso dalla manovra della squadra. È naturale, chi gioca esterno d’attacco nel Napoli di Benitez è chiamato a un lavoro complesso e faticoso. Ciononostante, l’ex sampdoriano ha sfiorato il gol nel primo tempo con un bel colpo di testa e ha dato prova di poter contare su un tecnica individuale non comune.

Sì, il Napoli si è allungato nel secondo tempo. Anche perché si è spinto in avanti per cercare prima il pareggio e poi la vittoria. E ha regalato praterie in più di una circostanza. Ma ci sono anche aspetti positivi. Innanzitutto Hamsik: ha segnato un gol straordinario, ha realizzato anche uno dei cinque rigori e ha mostrato quindi di essere fisicamente integro, col passare dei minuti è progressivamente migliorato. Buona anche la prova di Andujar. Gargano, ormai, non fa più notizia (a proposito, lunedì contro il Genoa ci mancherà). Così come di Zapata, un attaccante dal fisico non comune in serie A. Non a caso, il colombiano riesce spesso a procurarsi il rigore. Successe anche a Bergamo (poi sbagliò Higuain). Non sanno come fermarlo.  

Il rigore. Non c’era. O meglio, di rigori così in Italia li ho visti assegnare a Van Basten a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. C’è stato un tempo in cui i rigori così li davano al Milan e non alla Juventus. A Dortmund ce ne fischiarono uno contro (Fernandez su Lewandowski) più o meno come il secondo di ieri sera. Detto questo, Benitez avrebbe potuto cavarsela con un’altra battuta: in questo caso il “non parlo degli arbitri, ci può stare” non è stato efficace. Anche perché finisce con l’avallare la sensazione che alla fine siamo tutti correi (in politica si finirebbe a discutere della presunta diversità morale). Personalmente, non ho gradito il chiasso seguito a Napoli-Juventus (pur riconoscendo la grande capacità comunicativa di Rafa) e ancor meno mi ha fatto piacere notare come alzare la voce possa produrre risultati, soprattutto di facciata, come ad esempio la designazione di Rizzoli in Lazio-Napoli. Ma siamo talmente disabituati a incassare un arbitraggio in qualche modo favorevole (nulla di trascendentale eh) che ci sentiamo quasi a disagio, fuori posto. Proprio come la sinistra che si vergogna di andare in barca a vela. Il Napoli la partita l’ha vinta con merito. Soffrendo, ma con merito. Dove sta scritto che le partite vanno vinte tutte 4-0? Ciò non toglie che l’Udinese abbia giocato un ottimo incontro. Non a caso è finita ai rigori, dove Orsato poco avrebbe potuto.
    
Infine, un’annotazione sul gioco. Ho letto qua e là che il Napoli ha cambiato approccio alle partite. Francamente non so. Il Napoli raramente attacca alla garibaldina, anzi viene spesso accusato dell’esatto contrario. Lo ha fatto ieri sera e abbiamo preso gol in contropiede. L’intelligenza sta nel comprendere il comportamento più efficace da adottare per portare a casa le partite. Lo abbiamo fatto anche l’anno scorso, a Firenze ad esempio. Ma anche in trasferta contro lo Swansea. O a Torino. Quando producevamo calcio bollicine (fate voi, prosecco, spumante, champagne) non andava bene perché eravamo poco concreti; ora che siamo più accorti, qualcuno dice che siamo poco fluidi. Magari – lo vedremo – è cambiata la testa. Riusciamo a giocare senza mai perdere di vista l’obiettivo. Meglio un azzardo in meno e un passaggio sicuro in più. Senza lasciarsi prendere dalla fretta e dall’ansia di dimostrare. Consapevoli che prima o poi l’occasione buona per castigare gli avversari arriverà. Tutto questo si chiamerebbe maturità e se proprio non vogliamo esagerare, fermiamoci al processo di crescita.
Massimiliano Gallo

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