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Se i tifosi guardassero in faccia la realtà economica del calcio italiano

Se i tifosi guardassero in faccia la realtà economica del calcio italiano

La solidarietà dei tifosi azzurri per la sfida con l’Athletic Bilbao c’è (al cuore non si comanda, 50mila al San Paolo per il match d’andata con i baschi), la fiducia sulla stagione del Napoli ancora no (cinquemila abbonati mentre sono già 26mila per la Roma e lo Juventus Stadium è esaurito). Per questo, il preliminare di Champions ha un doppio obiettivo: la qualificazione ai gironi, non facile, e la riconquista (più difficile) dei tifosi delusi dalla campagna acquisti. I tifosi vogliono tutto e subito, vogliono sognare.

Restiamo ai fatti. Il calcio italiano ha investito 200 milioni per il potenziamento delle “rose”, tre volte di più hanno investito i club inglesi e spagnoli. Il Liverpool ha investito 131 milioni, il Barcellona 143, il Psg per il solo David Luiz ha speso 50 milioni di sterline. Sono cifre che il calcio italiano non può più permettersi. La Juventus ha speso sinora 20,9 milioni (18 per il solo Morata), l’Inter 11,2, la Roma 26,5 pagando 24,5 milioni Iturbe. Gli introiti delle cessioni hanno ridotto i disavanzi di mercato. Prendiamo i giocatori ingaggiati. Se li avesse presi il Napoli (a prescindere dalle reali esigenze tecnico-tattiche), avrebbero infiammato la tifoseria e consentito un sogno? Evra, Romulo, Morata, Armero, Diego Lopez, Osvaldo, Dodò, Vidic, Ashley Cole, Emanuelson, Astori, Iturbe, Marin se mai fossero rientrati nel progetto tecnico del Napoli ne avrebbero assicurato il salto di qualità?

Quel che manca al Napoli è una conduzione societaria più complessa, strutturata, con maggiori risorse di investimento. Un gigante americano alberghiero aiuta la Roma, l’Exor degli Agnelli pompa danaro nella Juve. Ma Moratti si è arreso al deficit pesantissimo dell’Inter e Berlusconi dopo avere speso tanto nel Milan ha ritirato la mano. Le conduzioni personali sono andate in crisi. Quella solitaria, individualista, familiare che regge il Napoli, senza che il presidente sia un mecenate dei vecchi tempi, ormai improponibile, porta a un calcio autarchico in cui i conti devono essere in ordine per evitare ulteriori crac. Le vecchie dirigenze sono uscite di scena esiliate dai pesanti disavanzi, mentre è calata vistosamente l’attrattiva italiana, economica (pochi soldi) e di prestigio (magri risultati internazionali), per i grandi campioni stranieri e i club più forti blindano i pochi assi in circolazione. Da qui un calciomercato mediocre. Il Napoli è l’unico grande club in salute e con una squadra competitiva.

Si potrebbe fare di più, ma nessuno propone soluzioni fattibili. Gli sceicchi sono lontani dal golfo e gli americani si sono fermati a Roma. De Laurentiis avrebbe bisogno di un forte partner finanziario per alzare l’asticella delle ambizioni del Napoli. Vanno avanti i progetti medi, costruiti con pazienza e senza strappi alla guida tecnica (Fiorentina). Il Napoli è su questa linea sperando che il feeling tra De Laurentiis e Benitez resista nel tempo.
MIMMO CARRATELLI (tratto dal Corriere dello Sport del 18 agosto)

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