“Noi siamo la curva A, noi siamo la curva A, noi siamo, noi siamo, noi siamo, noi siamo, noi siamo la curva A». Ecco, questo è il coro che speravo di ascoltare ieri sera. E l’ho ascoltato. Col sorriso sulle labbra. Devo dire che mi ero dimenticato quanto fosse bello andare in curva. Mi è piaciuto praticamente tutto. E si è insinuato anche in me il dubbio, per l’anno prossimo, se scegliere proprio la curva A come mio domicilio calcistico. Ci devo pensare per la bandiera di Rafa. Vorrei portarla con me. Sempre.
Vabbè, come al solito arriviamo al San Paolo con discreto anticipo. La partita, l’ho già scritto, per me va respirata. Anche Giulia premeva per entrare. Non era mai stata in curva. Io sempre in B, ai tempi di Lui, l’ho già scritto. Una sola volta in curva A. Ci mettiamo in fila. Ed entriamo. In Nisida sei sottoposto a quattro controlli: tre varchi più i poliziotti. In curva A due varchi che superi agevolmente; non c’è nessuno che sembra sia piazzato lì esclusivamente con l’obiettivo di ostacolare il tuo ingresso.
Saliamo. Avevo dimenticato le scene dei posti occupati. Sono praticamente tutti occupati. Alcuni addirittura perimetrati con lo scotch. Bussiamo a sei-sette balconi e alla fine ci aprono: tre posti liberi. Ci posizioniamo più o meno sotto il pilone 17, come mi aveva indicato Carlo Syd Tarallo. Dalla parte dei Distinti, quindi. Me l’ero dimenticata la prospettiva della curva. Bellissima.
Manca l’appoggia-piedi in curva. E gli altoparlanti non funzionano. Poco male. La partita si guarda in piedi (atto di grande civiltà, secondo me: la partita va guardata in piedi, magari togliessero quei seggiolini e tornassimo ai cari, vecchi gradoni) e al centro resta un vuoto evidentemente destinato agli ultras.
Bellissima la sensazione di alzarsi poco prima che le squadre scendano in campo. È come se in qualche modo scendessi in campo anche tu. Anche questo me l’ero quasi dimenticato. Quasi. Perché in trasferta ci alziamo. Ma il San Paolo è diverso.
Tifano in curva A. Tifano. Sempre. Dal primo all’ultimo minuto. Bello. Emozionante. Dalla Nisida, purtroppo, non si sentono bene. Non si fermano mai. E il coro “In un mondo che eccetera eccetera” per fortuna è durato un paio di minuti. Non di più. A un certo punto c’è stato un fuggi fuggi, ma dall’altro lato. Ho visto poco, stavo guardando il campo.
Dalla curva si apprezzano meglio i movimenti delle squadre. Non me lo ricordavo. O forse è solo l’effetto novità. Rispetto ai miei tempi – che brutta espressione eh – i cartelloni sono troppo a ridosso della porta: a stento se ne scorge la linea. E questa cosa non mi piace.
Al gol, a mio avviso, non c’è grande differenza. La differenza con gli altri settori si avverte quando non segniamo, nei momenti morti. Il tifo non si ferma mai. Dalla Nisida non me ne ero mai accorto. Ed è una sensazione bellissima. Trasmette una carica continua ai calciatori e anche al pubblico. Mi sono proprio divertito (tranne che per il risultato del campo). E poi sono affiorati vecchi ricordi. Come le scale gremite di persone. E quell’odore caratteristico. Puzza di sigaro l’ha definita Giulia. Sì, sigari.
Massimiliano Gallo
p.s. stamattina ho visto quello striscione su Strootman in curva B. Sinceramente, ne avrei fatto a meno.