È il caso di dire “quando meno te lo aspetti” giusto per citare il suo ultimo libro (che, accidenti, non ho ancora comprato). Dico l’ultimo libro del professore Guido Trombetti. E quando meno me l’aspettavo, il professore mi becca sull’errore che un giornalista non dovrebbe mai fare, ma sto invecchiando e mi si stanno allascando i freni inibitori della professione.
Quale è stato il mio errore che un giornalista non dovrebbe mai commettere? Usare un luogo comune. “La matematica non è un opinione”. L’ho usato nel pezzo sui “numeri” dell’allenatore Benitez.
E, accidenti, chi me l’ha fatto fare di parlare di numeri quando, in questo club di amici de “Il Napolista”, impera inconfutabilmente il professore Guido Trombetti che in fatto di numeri non è solo un’autorità accademica riconosciuta, ma ne parla e ne scrive con la disinvoltura affascinante di un affabulatore matematico?
Come mi è venuto in mente di scendere numericamente in campo quando tra di noi c’è il professore Trombetti la cui specialità di ricerca, se mi sono bene informato, è l’equazione alle derivate parziali che, avendone appreso, essa sola nel suo immenso mistero mi schiaccia nella mia pochezza di utente matematico del pallottoliere?
E così, col godimento supremo della scrittura matematicamente ironica del professore, ho letto la sua straordinaria reprimenda, straordinaria perché, accidenti, un matematico me lo sono sempre raffigurato come una persona matematicamente arida e fredda e, invece, il professore, che il Dio delle sacre scritture (intese da me ignorante come scrittura che rallegra l’anima e apre il cuore) lo conservi, il professore è uno scrittore delizioso, colto ma soprattutto delizioso e, altro che “caroselli” e altri miei meriti in proposito.
Quando leggo come scrive il professore, accidenti, penso sempre che devo migliorarmi perché mi accorgo di essere un bluffaiolo delle parole, mentre lui le usa con maggiore maestria e sostanza e, soprattutto, con l’ironia che cancella la distanza che c’è tra noi e lui di una cultura superiore.
Io ora, e ancora di più, mi sento sì come Uto Ughi però con le corde della mia chitarra (cifrario Festival di Sanremo 1957) arrugginite.
E anche nella tecnica giornalistica il professore è magistrale perché per mettermi al muro dei numeri comincia incensandomi affettuosamente così da potermi colpire più facilmente, io esposto ai suoi dardi euclidei (euclidei?) mentre sono della umana debolezza dell’incensato, cioè tutto in sollucchero per i suoi giudizi sulla mie qualità professionali pur sapendo che mentre sono in sollucchero divento un bersaglio più facile (chi è causa della sua presunzione pianga se stesso).
E, accidenti ancora, il “pezzo” del professore Trombetti, “scatenato” dalla mia ovvietà sulla matematica, è di una delizia come al solito suprema e, allora, mi piacerà fare altri errori per meritarmi l’attenzione del professore e soprattutto un suo scritto come al solito affascinante.
Una deliziosa reprimenda, di cui tutti possono godere, ma anche perfida dell’incipit che ricorda l’orazione funebre di Antonio davanti al cadavere di Cesare, e Bruto dice questo e dice quello ma Bruto è un uomo d’onore, e il professore Trombetti dice a me Bruto che sono questo e quello, un uomo d’onore delle lettere, ma poi che cosa ho fatto? Ho ucciso la matematica e il sangue dei numeri mi seguirà.
Non confronterò più patate e cipolle. Non ho effettivamente i numeri per parlare di numeri. La matematica è un’opinione e porterò un fiore sulla tomba di Kurt Godel.
MIMMO CARRATELLI