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Conte dovrebbe imparare da Del Bosque

Qualcuno dovrebbe suggerire ad Antonio Conte la lettura di una bella intervista a Vicente Del Bosque. «Vinco tanto perché ho imparato a perdere», diceva il tecnico della Spagna campione di tutto, uno che può vantare successi come la Champions alla guida del Real Madrid, Mondiale ed Europeo con le “furie rosse”. Uno che, sia detto per inciso, nella vita ha dovuto affrontare la prova di un figlio affetto dalla sindrome di Down, quel ragazzo che festeggiò insieme al papà il trionfo iridato in Sudafrica. Ecco, Del Bosque ha spiegato in due parole quello che forse a Torino non hanno mai voluto imparare. Le sconfitte fanno parte della vita, prima che dello sport, e spesso diventano il seme per le vittorie più belle. Bisogna accettarle, specie quando sono meritate, fare i complimenti all’avversario, e poi ripartire. Ma insomma, è evidente che Conte non sarà mai Del Bosque. E questo non perché si è fatto un nome come calciatore nella Juventus di Moggi e Giraudo e nella sua carriera di tecnico, accanto a un paio di scudetti (diciamo tre, va…) e due promozioni c’è anche qualche mesetto di squalifica per omessa denuncia.

No, Conte non sarà mai come Del Bosque perché si sente perennemente in dovere di dimostrare qualcosa. Lui, come la Juventus di questi anni, vincono eppure non sono capaci di farlo con stile. E quando gli va male, insieme alla partita, perdono le staffe e pure la faccia, anche se cronisti e commentatori si affrettano a sorvolare. Domenica sera, tornando dallo stadio, ascoltavo il tecnico bianconero alla radio. Lo sentivo dare i numeri (peraltro sbagliati, perché il Napoli non ha speso mica 100 milioni nel mercato, semmai li ha incassati dalle cessioni di Lavezzi e Cavani) e pensavo che, alla fine, la partita contro il Napoli sembrava più importante per loro che per noi. Ma non doveva essere il contrario? Forse, mi dicevo, sarà perché in questi anni si è sedimentata una rivalità fra le due squadre che ha reso la sfida molto sentita anche a Torino.

Poi però mi sono fatto un’idea diversa: Conte, Marotta e gli altri si agitano tanto quando perdono perché sono consapevoli di una cosa: vincono, certo, ma non sono i migliori. La perfetta macchina bianconera esiste solo nei cori omologati degli opinionisti, qualcuno dei quali purtroppo imperversa anche nei salotti di casa nostra. Sono forti, sicuramente. Ma non sono i più forti. Non lo ammetteranno mai, però sanno che in qualsiasi campionato europeo giocatori come Chiellini, Vidal e Lichsteiner concluderebbero la stagione con almeno dieci giornate di squalifica a testa. E sanno benissimo che senza la sistematica spintarella arbitrale i punti di vantaggio non sarebbero quelli che sono. Ecco perché non possono accontentarsi di vincere. Devono stravincere. E se qualche volta non ci riescono, perdono il controllo non per colpa dell’avversario, ma perché sanno quel che tutti hanno capito da un pezzo, anche se pochi hanno il coraggio di raccontarlo. Però, ecco, forse Conte farebbe bene a leggere quell’intervista a Del Bosque. A me basta ripensare alla sua espressione di ieri sera, mentre in Tribuna Nisida sventolava la bandiera, azzurra, con la sagoma di Rafa Benitez
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