Salvatore Bagni piange in diretta – così abbiamo letto – e accusa Luciano Moggi: «Quell’anno mi obbligasti a una serie di iniezioni al ginocchio, mi facesti perdere gli Europei. E poi obbligasti i calciatori a firmare quel comunicato». L’anno, manco a ricordarlo, è il 1988. Che resta uno dei misteri irrisolti del calcio Napoli e un po’ anche di quello italiano. Ma sono trascorsi 26 anni. Tanti. Troppi. Sono trascorse due generazioni, ed è in passaggio la terza. Salvatore Bagni nulla ha aggiunto e nulla ha chiarito. Quella stagione lui la giocò forzando il ginocchio. È vero. Giocava sempre con un fazzoletto poco sotto la rotula. Che poi era una benda. Che cosa ha voluto dire? Che Moggi li obbligò a firmare quel comunicato “Noi virgola giocatori del Napoli virgola”? E vabbè, servì alla società come alibi per liberarsi di quattro calciatori che – per quella dirigenza – non erano più utili alla causa: Garella, Bagni appunto, Ferrario e Giordano. I rivoltosi, i capipopolo.
Ne è passato di tempo. E quando passa così tanto tempo, o riveli qualcosa di importante o è meglio tacere. Poi magari scopriremo che c’era qualcuno dei Servizi anche al San Paolo. Dopo tanto tempo e dopo tanto dolore, mi è passata. Al punto di essere sereno su Arrigo Sacchi e il suo Milan. Dopo tanto tempo, ho sposato la linea ufficiale: eravamo cotti, come disse lo stesso Bagni all’epoca in una puntata di Number Two che non ho dimenticato: “Con l’Inter primo tempo buono, poi calo nella ripresa anche se vincemmo; con la Juventus sotto uno a zero nel primo tempo, poi il calo e perdemmo 3-1; col Verona primo tempo uno a zero per noi e poi calo nella ripresa e pareggiammo; col Milan primo tempo 1-1 e poi finì come finì; a Firenze 1-1 il primo tempo e calo nella ripresa”. Calo atletico. E perdemmo lo scudetto. Anche perché prima, contro la Roma al San Paolo, gettammo due punti fondamentali.
Bagni non ha mai chiarito i tanti litigi cui in quelle partite assistemmo. Quello clamoroso, testa contro testa, tra Garella e Renica sul finale di Napoli-Inter (l’ultima vittoria di quella stagione); un Careca che mandava a quel paese credo proprio Bagni durante Napoli-Roma; lo stesso Careca che raccoglie il pallone in fondo alla porta del Milan dopo il 2-3 e corre verso centrocampo mentre tutto il resto della squadra cammina. Diego che saltò le ultime due partite quando aveva sempre giocato, pure in condizioni allucinanti.
Insomma, Bagni, mi sta bene pensare che lo abbiamo perso per calo atletico. Mi va bene. Può capitare. Ci metto anche che lo spogliatoio non sopportava Bianchi. Del resto glielo cantaste anche al ritorno da Ascoli, l’anno prima, una settimana dopo il tricolore. Basta che non versi lacrime inutili. Nessuno chiede più nulla. Ventisei anni dopo. Io non ti racconto di quanto aspettai e di quanto dolore ci volle per staccare il tuo poster dalla stanza. Tu che mi emozionavi almeno quanto Diego. E tu mi ripaghi col tuo silenzio, se proprio non ce la fai a raccontare tutto. La storia ha compiuto il suo corso. Così doveva andare, evidentemente. Non ne parliamo più. Mi sembra una condizione più onorevole.
Massimiliano Gallo