I Benitez avevano un tormento. Rafa non si manteneva. Il più terribile fra i tre figli. Senza dubbio. Più di Francisco, nato un anno prima, più di Rosario, la sorellina minore. Bravissimo a scuola, ma uno scatenato. Una testa dura, orgoglioso, capace di trattenere le lacrime in gola anche di fronte a un castigo o a un errore. I Benitez vivevano in via Generale Romero Basart, in quell’area popolare di Madrid chiamata Aluche. Papà Francisco era direttore di una catena di hotel e di un’agenzia di viaggi. Mamma Rosario Maudes infermiera al La Paz Hospital. Lei tifosa pazza del Real, lui più tiepido verso il calcio, ma se per una squadra il suo cuore batteva, quella squadra era l’Atletico Madrid. Da Aluche, qualche anno dopo la nascita di Rafael, il 16 aprile 1960, la famiglia si sposta a Majadahonda, in periferia, per poi stabilirsi dopo ancora un po’ a Pozuelo de Alarcòn, 14 chilometri fuori Madrid.
E’ papà a trasmettere ai bambini l’amore per lo sport. Fanno nuoto. Fanno judo. Francisco detto Paco vince parecchie gare, finirà per diventare cintura nera. Rafael scopre presto un’altra passione: gli scacchi. E poi il pallone. Non che il padre lo porti spesso allo stadio, ma le partite in tv diventano un appuntamento da non perdere. La prima grande squadra di cui si invaghisce è il Brasile campione del mondo del 1970. Pelé, ma non solo. Jairzinho, Tostao, Rivelinho. Come molti altri bambini spagnoli, Rafa gioca a pallone per la strada, il boom delle costruzioni a Pozuelo non è ancora iniziato. Il traffico non esiste, spazio ce n’è. Il piccolo Rafa colleziona figurine e tappi di bottiglia su cui sono stampate le facce dei calciatori e dei ciclisti. Ci si gioca, con quelli. Sempre in strada. Finché il pallone non diventa il gioco preferito anche nel cortile della scuola. I figli delle famiglie della borghesia madrilena vanno all’Apostle Santiago School, nel distretto Salamanca. E’ un viaggio vero, ogni mattina, da casa. Rafa ci va in autobus. Una fatica. I suoi alla fine si arrendono: prima lo iscrivono alla De La Salle, poi alla più vicina San Buenaventura. E’ qui che arriva il primo successo sul campo, con la squadra della scuola di cui fa parte pure Ricardo Gallego, che sarà più tardi un giocatore del Real. A casa lo chiamano Falìn, Raffaelino, più cresce meno è intemperante, e poi sta imparando a bilanciare bene gli sforzi tra lo sport e gli studi. Ogni mattina si alza presto, prestissimo, va a correre intorno al palazzo, rientra a casa, fa la doccia e corre a scuola. I Benitez sono la fotografia della nuova middle class che si sta formando in Spagna, mentre l’economia accelera, mentre cambiano abitudini e costumi del Paese, mentre il regime del caudillo Francisco Franco lascia il campo alla monarchia parlamentare di Juan Carlos di Borbone. Come tante altre famiglie della nuova Madrid, i Benitez d’estate vanno in vacanza a Collado Villalba. Per Paco e Rafa è una no-stop di sport dalla mattina alla sera: in piscina vince Rafa, nonostante sia fisicamente inferiore. Ha carisma, gli piace essere leader. Si capisce ancora meglio quando a 13 anni sceglie di allenare una squadra di ragazzini di mattina, e di pomeriggio fa da istruttore di ginnastica alle loro madri.
Sugli studi, papà Francisco è intransigente. Vuole che suo figlio sia un dottore. Rafa completa allora il primo anno della facoltà di medicina, ma poi decide di concentrarsi sugli studi di educazione fisica; i fratelli faranno veterinaria. All’Istituto nazionale di educazione fisica, Rafa si specializza in calcio. E’ anche un modo per guadagnare crediti e ottenere la qualifica di allenatore. Succederà nell’estate del 1989. All’università resta incantato dalle lezioni del professor Felipe Galloso, a sua volta mai soddisfatto del minimo, dello stretto necessario. In Rafa vede lo studente ideale. Si alza alle 6 e 30 del mattino, prende l’autobus, la metro, ed è lì, sempre al primo banco. Ma questa relazione speciale docente-studente si spezza all’improvviso quando Galloso muore in un incidente aereo. Rafa ne è sconvolto. Gli insegnamenti di quel professore così speciale non lo lasceranno più. Continua gli studi anche durante il servizio militare, che svolge all’accademia militare del politecnico, in un’area non distante dal Bernabeu. Bel segnale, pure questo. PIù tardi, la laurea in educazione fisica gli consentirà di ricoprire il ruolo di direttore sportivo della palestra Abasota, una delle più note di Madrid. E’ la palestra frequentata da alcuni membri della famiglia reale di Spagna, da cantanti come Ana Belén e Miguel Rìos, da politici, bancari, sportivi. In quel pezzo esclusivo di Madrid, Rafael conosce una ragazza di Orense laureata in giurisprudenza, si chiama Montse, sarà sua moglie. Si sposano nel 1998, quando Rafa è nel frattempo già avviato a una carriera in panchina, quando il calcio è già una sua ossessione. Il viaggio di nozze: in Italia. Da Roma a Firenze. Trovando pure il tempo per una visita a Milanello, il centro in cui aveva lavorato anni prima uno dei suoi miti, Arrigo Sacchi.
(1. – continua)
Il Ciuccio
[fonte: Paco Lloret – Rafa Benìtez, Dewi Lewis Media, 2005. La foto è tratta dal libro]