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L’ultima vittoria che valse due punti fu a Foggia, gol di Di Canio. Ma non chiamatela sentenza politica

Dov’era Mazzarri? Ah, ora mi ricordo. Era ad Acireale. Acireale-Palermo 1-0. Campionato di serie B. Non sedeva in panchina, era proprio in campo. Stava chiudendo la sua carriera di mezzala, lui che da giovane era atteso come l’erede di Antognoni: Acireale, ancora un altro po’ e avrebbe smesso. Gianluca Grava invece era un sedicenne che debuttava in serie D con la sua Casertana e Paolo Cannavaro ancora soltanto il fratellino dodicenne di Fabio.
Fabio sì che c’era, quel giorno lì. In campo. Con il Napoli. Con il numero 5. Il calcio italiano faceva ancora a meno dei nomi dietro le spalle, le maglie andavano dall’1 all’11. Era quel mondo lì, in pay tv ci guardavi soltanto i film, e al massimo Wimbledon. Per le partite c’era la radio, “il collega Talamonti dallo studio ci segnala…”, o se avevi un amico alla Rai te le andavi a guardare in bassa frequenza. L’ultima volta che sentimmo il sapore dei 2 punti c’era quel Napoli lì. Taglialatela; Ferrara, Gambaro; poi… poi… Pari, Cannavaro, Bia; Di Canio, Bordin, Fonseca, Thern, Buso. Allenatore Marcello Lippi. E dall’altra parte Zeman. Il Foggia di Zeman. In casa sua. Il 1° maggio del ’94. L’ultima volta che una vittoria valse 2 punti fu quel pomeriggio lì, il portiere del Foggia che sbaglia l’uscita, Di Canio che si infila, gol, Napoli in Coppa Uefa, addio Zemanlandia. Dopo non sarebbe più stato lo stesso. Dal campionato successivo ecco i 3 punti per ogni vittoria, mica come ieri alla Corte d’appello federale, dove quei giudici ci hanno restituito il sapore del calcio d’altri tempi.
Giusto? Sbagliato? Ha provato a stabilirlo la Gazzetta con un fondo firmato da Ruggiero Palombo. Ognuno si farà la sua idea. Ma quello che francamente si fa fatica a immaginare è che la sentenza di ieri debba essere considerata un precedente, un grimaldello che scardina la norma della responsabilità oggettiva, perché come scrive la Gazzetta, “si parlerà di un prima e dopo Napoli e caso Gianello”.
E’ più corretto secondo me ritenere che il caso Samp-Napoli sia un unicum, e come tale vada trattato. Bisognerebbe spingersi quasi a dire, forzando un po’, certo, che derubricando il reato di Gianello da tentato illecito e slealtà sportiva, il caso Samp-Napoli si sottrae all’inchiesta sulle scommesse. Di certo esce dal “tariffario” della giustizia sportiva applicato finora. Non è più confrontabile con nessun’altra sentenza fin qui emessa. Non fu illecito, neppure tentato. Questo dice la sentenza. Sentenza politica, sostiene però la Gazzetta, che addirittura si inoltra su un terreno sdrucciolevole: “è chiaro – si legge – che ora il futuro del caso Mauri, con buona pace delle ulteriori indagini della non sempre brillantissima Procura di Cremona, viaggia sereno verso l’archiviazione”. E perché mai? Chiaro a chi? E’ una tesi abbastanza singolare. Non si capisce davvero perché la Lazio non debba essere sottoposta a processo solo perché ieri i giudici di una corte d’appello hanno preso una decisione. Una corte d’appello che rivede il verdetto di un tribunale di primo grado non cancella un processo, non lo rende inutile, non dice che quel processo non è mai esistito o – secondo la tesi della Gazzetta – che uno successivo non deve tenersi. Una sentenza di secondo grado stabilisce solo una verità differente da quella di primo grado (non è una sentenza di serie B rispetto a una precedente di serie A, è solo diversa), e non sancisce l’inutilità di altri processi. Bizzarra davvero come posizione: è come sostenere che sia inevitabile cancellare tutti i processi per furto se un tribunale assolve una persona accusata di rubare.
La doppia sentenza sul Napoli stabilisce invece proprio la verità opposta. La Lazio deve andare a processo proprio perché il Napoli c’è già stato. Dice: eh, ma come si fa a volata scudetto/Champions in corso. E perché con il Napoli non era in corso? Un processo che avrebbe potuto far andare in tilt squadra, società, ambiente. Dopo la condanna in primo grado sono invece venute tre vittorie su tre, e dunque va bene così. Ma il processo c’è stato: se “politicamente” lo si trovava inopportuno, andava bloccato anche quello del Napoli. Se invcece il Napoli a processo c’è stato, dove sarebbe la disparità di trattamento con la Lazio? Dice: mettiti nei panni di un tifoso della Lazio che si vede assegnare una forte penalità e si vede squalificare Mauri a campionato in corso. Rispondo: non devo mettermi nei panni di quel tifoso della Lazio, perché in quei panni ci sono appena stato. E me li sono tenuti addosso, non me li sono stracciati. Ne sono uscito, da quei panni, seguendo l’iter della giustizia, accettandolo. Ho accettato la sentenza di primo grado. Ho atteso e confidato nel secondo grado di giudizio e nelle ragioni del Napoli. E avrei rispettato un verdetto negativo anche in secondo grado, confidando e attendendo il terzo. La Lazio si sottoponga a processo, difenda le proprie tesi, e se i giudici le riterranno valide, uscirà senza pene dal tunnel. Se non riuscirà a dimostrare la propria innocenza, o almeno insinuare il dubbio, sarà condannata. Come era stato condannato il Napoli.
Dice: mettiti nei panni dei tifosi della Samp, squadra che si è vista togliere un punto, e quel punto indietro non riavrà. Rispondo: la Samp ha preso un punto di penalizzazione anziché due patteggiando, cioé accettando il principio giuridico della “applicazione della pena su richiesta delle parti” anziché andare a processo. Se dunque un imputato patteggia, e dunque accetta una pena, richiedendola, pur di non andare a processo, significa che ritiene di avere pochi strumenti per essere assolto. E allora perché dovrebbe pretendere di riavere indietro il punto, se non riteneva di poter essere assolto? Inoltre: la Samp è stata penalizzata per responsabilità oggettiva in un illecito per la partita con il Bari di un calciatore (Guberti) che provò a sistemare la partita, e che in quella partita era in campo (ci fu anche un principio di rissa con Masiello). E’ proprio davvero la stessa posizione del Napoli? E se per quella storia la Samp ha preso -1, il Napoli per il suo caso allora quanto doveva prendere?
Il vizio d’origine è stato non tenere i processi tutti insieme, a inizio stagione. Questo lo hanno ammesso un po’ tutti proprio quando il Napoli è stato condannato il mese scorso al -2, e fu un momento in cui un po’ tutti erano disposti a riconoscere la ragionevolezza dello smarrimento del Napoli. Eh, già, ma tanto il Napoli era a 10 punti dalla testa. Oggi invece, dopo il giudizio di secondo grado che in fondo ristabilisce il principio della necessità di un distinguo, ristabilisce l’esistenza di un unicum, le ragioni del Napoli vengono invece messe in discussione. O meglio: vengono impastrocchiate con il resto della materia. Prepariamoci. Perché non è finita. Del resto per la monetina sulla testa di Alemao non è ancora finita. Non finisce mai. Ma nessuno ha voglia di ricordare che il principio della responsabilità oggettiva è già stato cambiato da quel giorno lì, da quando il Milan ottenne che lo 0-2 a tavolino dopo il 1990 fosse cancellato.
Non è finita. Prepariamoci. Ma col sorriso.
Il Ciuccio

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