Va bene, basta così. Propongo una tregua. Armata, se volete, ma sempre tregua.
Mi rivolgo ai curvaioli e ai tribunisti, a quelli che “solo la maglia” e a chi “senza il Pocho che ce jamm’ a ffa ‘ncopp’ ‘o campo”.
Mi appello ai sostenitori di Dela e ai mazzarriani, a quelli che credono nel “Progetto” e a chi grida “Aure’ Cacc’e sord”.
Invoco una pausa agli orfani dello Stamford Bridge e a chi, dopo Bologna, sta ancora a lutto.
Invio la mia preghiera agli amanti della Vecchia Guardia e a quelli che invocano i giovani, al partito di “Cannavaro grande capitano” e a chi crede che Fernandez sia meglio di Rudy Krol.
Spero si plachino quelli che “Con Vidal, Criscito e Vucinic…” e quelli che “Inler è un pacco”.
Supplico i cantori di Vargas e gli innamorati di Insigne, i cacciatori di autografi e gli acquirenti di gadget.
Imploro i retroscenisti.
Mi prostro dinanzi agli esperti di mercato.
Consegno una bandiera bianca ai fedelissimi del San Paolo e a gli oltranzisti del divano.
Chiedo un cenno di pace a chi tifa da Londra, da Parigi, dalla Thailandia e dalla Calabria.
Vorrei sei giorni senza negoziati, senza liti, senza voci di corridoio.
Vorrei bandire i cattivi pensieri e i pronostici infausti.
Auspico la cancellazione del Fronte “Tanto Peggio Tanto Meglio”.
Vorrei che riposassero gli opinionisti, i retroscenisti, i gruppettari di Facebook e i twittatori di maldicenze, i lettori dei giornali di carta e gli ascoltatori della Radio Ufficiale, i malati di Skysport24 e i dannati di Sportmediaset, quelli del “Deludente quinto posto” e quelli di “Una stagione comunque soddisfacente”.
Per una volta vorrei vedere tutti uniti, anche per finta, come le coalizioni prima del voto.
Perché soprattutto vorrei battere la Juve e alzare una coppa, per toglierci almeno una porca soddisfazione in questa vacca vita da malati del Napoli.
Poi, da lunedì prossimo, possiamo pure ricominciare con le maleparole.
Giulio Spadetta