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Tutti a Manchester, che Dio salvi la regina e… il Napoli

A Manchester senza paura anche se il City è un rullo compressore nella Premier League. Quattro vittorie su quattro. Sedici gol segnati, solo tre subiti. Potenziale offensivo tra i più dotati in Europa. Sei volte a segno Dzeko, altrettanti gol per Aguero. Il piccolo Silva, uno dei “nani” di Spagna, folletto ovunque. A centrocampo pennellate d’artista di Nasri. Il City rivaleggia con lo United in testa alla classifica. Ci aspetta uno stadio che è una bomboniera di entusiasmo, riccamente sponsorizzato dalla compagnia aerea degli Emirati. Duemila napoletani dovranno far sentire la loro voce e non sarà facile nel tumulto britannico.  Ma, insomma, qua è l’ostacolo (alto) e qua bisogna saltare, all’Etihad Stadium dove i discendenti dei tifosi che si davano appuntamento al vecchio campo di Maine Road, con le tettoie in ferro e 80mila posti al tempo di Colin Bell, Francis Lee e Anelka, si stanno rifacendo gli occhi e la bocca con la squadra degli sceicchi e di Roberto Mancini valutata 440 milioni di euro. Cantano “Blue Moon” con ugole eroiche. La loro potenza vocale è capace di spingere il City ad ogni impresa sebbene il nuovo stadio offra la metà dei posti del vecchio impianto, demolito. E questo è l’anno dell’ardimento, la prima volta in Champions.
Per il City sono passati Rolando Bianchi e Bernardo Corradi, pallidi antesignani dei bomber di oggi. Ci ha giocato Robinho. Gli sceicchi offrirono al Milan 120 milioni di euro per avere Kakà. Tanto per capire la disponibilità di danaro del City che può prendere chi vuole, anche quel matto di Balotelli. In tribuna il presidente onorario Al Nahyan e quello effettivo Al Mubarak, due “potenze” di Abu Dhabi, hanno facce arabe e corpi massicci di arabi più che benestanti. Principi con forzieri munitissimi.
Roberto Mancini col ciuffo ingrigito, moglie e sarto napoletani, ne asseconda gli umori e le ambizioni pilotando una banda esagerata di top-player. Contro questo Golia del football il Davide azzurro mette tre “sassi” nella fionda, Lavezzi, Cavani e Hamsik, per abbattere il gigante. E se il coraggio sarà la vera fionda del Napoli sperare non costa nulla.
Il primo problema è che gli inglesi giocano già da un mese e gli azzurri hanno fatto una sola partita “vera”. Questo è uno svantaggio che il calcio italiano pagherà su tutti i campi della Champions. Il Napoli parte battuto, è inutile girarci attorno, perché non sembra capace di allestire una partita difensiva ad alto livello per parare le bordate del City, le insidie sulle fasce di Clichy e Silva, gli assalti di Aguero, la presenza massiccia di Dzeko (1,93), gli inserimenti dei potenti difensori Richards e Kompany, le “imbucate” di Nasri.
Il City verrà avanti a tutto gas. La sua forza è questa, una esagerata forza offensiva. Reggeranno l‘urto Cannavaro e i paladini azzurri delle retrovie? Reggeranno sino a punzecchiare il City in contropiede con i tre tenori? Ah, saperlo! Attilio Lombardo, l’amico sampdoriano di Mancini, era a Cesena e avrà informato il Mancio dei difetti (difensivi) del Napoli. I primi venti minuti saranno terribili e probabilmente orienteranno il match.
Il Napoli partirà spavaldo per mettere paura al City? Andrà sorprendentemente al bersaglio col City che viene subito avanti? Ecco la speranza sottile. Ma se il City mette subito la quarta ci sarà solo da soffrire. Il Napoli non ha palleggio abile e insistito per “gelare” l’avversario e la partita. L’aggressività degli inglesi è pari al loro valore tecnico. Uscire indenni dall’Etihad Stadium sarebbe impresa da eroi che sballerebbe le previsioni dei bookmaker. Inler e Dzemaili, o chi per loro, Gargano, Donadel, sapranno proteggere la difesa azzurra? Il nuovo centrocampo del Napoli non ha grandi doti di contrasto e sarà costretto a ballare parecchio. S’è visto a Cesena contro la velocità dei romagnoli, veloci ma non robusti e assatanati come questi del City. Non sembra proponibile una formazione più “abbottonata”, con un centrocampista in più, rintanandosi pericolosamente. Il Napoli deve giocarsi le sue carte “naturali”. Formazione leggerina, ma questo è il suo marchio. Vivacità e ripartenze, il catenaccio non è nelle corde azzurre. Quale ruolo avrà Pandev? Basta, andiamo a vedere. Che Dio salvi la regina e il Napoli.
Mimmo Carratelli

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