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Supercoppa cinese, io il Milan proprio non ci riesco…

In un sabato di agosto, se la tv ti trasmette aggratis la finale di supercoppa non puoi non vederla.
Non sai per chi tifare, o meglio, per chi gufare di più. E non ho potuto neanche applicare il mio personalissimo metodo che consiste nel simpatizzare per la squadra che dista meno da noi. Così, se per i derby di Genova e Roma me la cavo nel primo caso tifando per ovvie ragioni Genoa, e nel secondo Lazio (non so perchè, forse per i colori azzurri, o forse perchè la Roma me sta proprio sui …sette colli). Per le milanesi è sempre un dilemma. L’antipatia
per il Milan è viscerale, ma come si fa a tifare Inter se si pensa al rigore sbagliato dal Pocho al 120′, e che in Cina potevamo esserci noi a giocarci il primo trofeo della stagione? Il calcio (come le altre cose) non si fa con i se e con i ma. Mi si obietterà, giustamente. Ma quando i danni arrecati con talune scelte sono inversamente proporzionali alla semplicità con la quale potevano essere evitati, qualche dubbio ti viene. Giuro che non ci torno più, perchè
altre volte ho toccato questi argomenti, e non voglio passare per chi prende delle fisse. Lavezzi non doveva tirare il rigore decisivo nella semifinale di coppa Italia perchè era stravolto dalla fatica, e tutti sanno che manca di lucidità anche dopo pochi minuti dall’inizio. Un altro episodio che non digerirò mai è accaduto la prima giornata dello scorso campionato a Firenze, quando il Napoli era in vantaggio di un gol ed i viola con un uomo in meno.
Mazzarri sostituì Blasi già ammonito, che inevitabilmente si fece buttare fuori, forse, e dico forse, favorendo il pareggio della Fiorentina. Provate un poco ad immaginare cosa sarebbe stato la lotta scudetto l’anno scorso se il
Napoli avesse avuto due punti in più fin dalla prima giornata. E non ci voleva  molto a sostituire un giocatore spento e falloso, che dopo quel giorno, guarda caso non ha mai più visto la prima squadra se non dalla tribuna.
Tornando alla finale cinese, alla fine ho deciso di tifare Inter, perchè mi immaginavo la faccia di Galliani al ritorno in aeroporto che pretendeva, ed otteneva, come al solito, solo domande gradite e che potevano dargli modo di osannare il 29′ titulo dell’era berlusconiana. Il presidente più vincente di tutti i tempi.
Più del mitico Santiago Barnabeu, più dei Moratti padre e figlio, più di tutti gli Agnelli messi insieme dentro e fuori dal recinto sportivo.  Ma…Se….In questo caso, i “ma” ed i “se” non sono grandi come una casa, ma come le twin towers, che, a differenza delle originali, sono destinate a resistere nell’eternità, e che mai nessun kamikaze riuscirà ad abbattere.
Cominciamo col più grande bluff che il calcio italiano abbia mai espresso: Arrigo Sacchi. Un uomo che riuscì a perdere una finale mondiale contro il Brasile più scarso di tutti i tempi. Un Brasile che aveva in Dunga il suo
leader: un giocatore che ai tempi, non dico di Pelè, ma neanche a quelli di Falcao, Zico o di un semplice Junior, poteva neanche portare loro la valigia.
Aveva già tentato di non raggiugere la finale, sostituendo Baggio e beccandosi
da quest’ultimo un meritato e plateale “è matto” in mondovisione.
La sua carriera da allenatore di club si sarebbe interrotta prima ancora di
iniziare, quando il Milan fu eliminato dalla coppa uefa da un modestissimo
Espaniol, ma forse sulla piazza non era  disponibile neanche un Gasperini
qualsiasi, quando un anonimo tifoso milanista, intervistato in tv, coniò una
frase che poi sarebbe diventata di uso comune nel mondo del calcio: “secondo
me, non mangerà il panettone”. In campionato venne distaccato fino a sette
punti dal Napoli capolista. Una enormità, se si pensa che allora per la
vittoria erano ancora assegnati solo due punti. In più era preceduto da almeno
un altro paio di squadre, che col tempo cominciarono a cedere. Ma gli azzurri
erano incrollabili. Una perfetta macchina da gol col trio ma-gi-ca, e col
nazionale Carnevale solo di riserva. Niente faceva prevedere il crollo di una
simile compagine, perfetta fino alla noia, data la facilità con la quale
metteva al sicuro il risultato del primo tempo e poi giochicchiava nella
ripresa. Ma. E qua viene il primo “ma”. Qualcosa accadde. Che cosa nessuno ce
lo ha mai saputo spiegare. Ci sono alcune correnti di pensiero. Il maestro
Carratelli, col quale ho avuto l’onore ed il piacere di condividere il tavolo
durante una cena napolista, sostiene che il Napoli, semplicemente, scoppiò.
Salvatore Carmando, subissato da domande e curiosità, durante un’altra cena
napolista, soddisfò esaurientemente e piacevolmente  moltissime nostre
curiosità, perfino sull’episodio Alemao, che lo vedeva diretto protagonista,
rivelando retroscena inediti e gustosissimi, ma glissò garbatamente quando
l’argomento cadde su quel finale di campionato. Il grande Peppino Pacileo disse
durante una trasmissione tv locale (forse c’è qualche napolista bravo in queste
ricerche che ci ritrova il filmato) , e scrisse anche, che lui conosceva per
filo e per segno le ragioni che avevano impedito al Napoli di vincere quello
scudetto meritato e ormai già stravinto. Ma non poteva rivelarlo perchè non
aveva prove, e non poteva rischiare eventuali querele. Ora, siccome so per
certo che Don Peppino viene aggiornato anche su quanto riportato sul Napolista,
approfitto di queste colonne per lanciargli un appello: Illuminateci!
Spiegateci cosa avvenne realmente. La vostra onestà intellettuale, oltre che la
vostra età, vi mettono al riparo da qualsiasi ripercussione, sia morale che
giudiziaria. E poi, volete mettere la soddisfazione di esaudire il desiderio di
tanti lettori che vi amano ancora e che non vi hanno certo dimenticato. Senza
contare che contribuireste a ridimensionare il supervalutato Arrigo Sacchi, che
neanche voi dovevate molto amare, sia come personaggio che come allenatore. Un
allenatore che non ha più vinto niente in Italia nel al Milan ne al Parma, dove
aveva signori calciatori, a cominciare da Buffon, i due Cannavaro, Benarrivo,
Dino Baggio, Di Vaio, tanto per citare solo i nazionali italiani, e senza
contare gli stranieri come Almeida, e quel Marcio Amoroso destinato a fare
sfaceli ad Udine. Si potrà dire che ha vinto tanto fuori dall’Italia. A parte
il fatto che non lasciò traccia di se neanche a Madrid, le vittorie ottenute in
coppa, cosi come quell’unico ed insperato trionfo italiano dipendeva da un
“ma”, quei tanti trofei stranieri dipesero tutti da un “se”.
Se non fosse calata la nebbia sullo stadio della Stella Rossa di Belgrado quel
9 novembre 1988?
Quel giorno ero in macchina e seguivo la partita alla radio. L’umore non era
dei migliori perchè ero appena stato da un medico in via Caracciolo, che mi
aveva detto che avrei dovuto sottopormi ad un piccolo intervento chirurgico.
Imboccai la galleria per Fuorigrotta e all’uscita, appena vidi il S.Paolo in
lontananza (segno del destino?) , la Stella Rossa si portò in vantaggio. Ero
fermo ad un semaforo ed alcuni clacson cominciarono a suonare. Cominciai a
suonare anch’io. Mia moglie al mio fianco, sovrappensiero e preoccupata dalle
parole del medico, cominciò a preoccuparsi ancora di più. Non avevo il coraggio
di spiegarle che il Milan perdeva e che questa soddisfazione mi aveva perfino
fatto dimenticare il problema di salute che mi era appena stato diagnosticato.
La squadra stellare non sarebbe mai nata, se quella partita fosse arrivata in
porto. I rossoneri erano sotto di un gol, in più era stato espulso Virdis,
autore del gol all’andata, e Gullit era inutilizzabile per infortunio. Sappiamo
come finì. La partita fu sospesa, e rigiocata il giorno dopo. Nel frattempo
Gullit recuperò dall’infortunio, il Milan riuscì a strappare un pareggio che lo
portò alla vittoria ai rigori. Il resto fu discesa, fino alla finale, vinta
contro un modesto Steaua con i giocatori che sembravano defilarsi sui tiri dei
rossoneri, forse più preoccupati di quanto stesse succedendo nel frattempo in
Romania,nel loro paese, che non sul terreno di gioco. Il Milan vinse quella
coppa e quella successiva, alla quale partecipò non come vincitrice dello
scudetto nazionale, ma in quanto squadra detenitrice del trofeo. Allora si
usava così. Anche questo. E poi dicono che il calcio non si fa con i se e con i
ma.
Un caro saluto e buone vacanze a tutti da
PASQUALE DI FENZO

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