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E bravo Aurelio che ha inventato lo “sfogliatella marketing”

Quante ne abbiamo scritte su Aurelio in quest’estate, vero? Delle corse in motorino, le maschere di leone, le parolacce contro tutto e tutti che non ci erano piaciute. E poi quel suo fare da “para…” che può fare molta presa se gli si crede fino in fondo. Quanto sarebbe bello se questa sua voglia di rilanciare Napoli anche attraverso il Napoli fosse vera. Eppure, anche se non mi piace quel suo fare “markettistico”, devo riconoscere che Aurelio ci sa fare. Come nessuno forse ha compreso che certa stereotipia, oleografia napoletana può essere un marchio di fabbrica “Made in Naples” attorno a cui è possibile costruire un business milionario. “Pizza e concretezza”, “sfogliatella marketing”, “Vesuvio style”: si chiami come si vuole questa nuova concezione di partenopeità, è un mix vincente se ben corroborato da progetti seri e lungimiranti. Aurelio, in fondo, non è uno che si perde in chiacchiere: in un calciomercato fatto di vendite e svendite, lui è riuscito a tenersi tutti i gioiellini in squadra e ad investire per rinforzare tecnicamente la compagine azzurra. Se l’Inter vende Eto’o e il campionato nazionale si impoverisce tantissimo lasciando andare all’estero i pochi campioni che calcavano il palcoscenico del nostro calcio come Pastore e Sanchez, Aurelio riesce a tener duro confermando in azzurro Cavani, Lavezzi, Hamsik.. e non dimentichiamo Maggio. Si poteva fare di più? Certo che si poteva. A Giugno, nella lista dei desideri scritta qui sul Napolista, chiesi gli acquisti di Criscito, Vucinic e Vidal. Che Napoli è, che Napoli sarà? È un Napoli che non fa nessun salto di qualità, forte quasi quanto lo scorso anno: rinforzato più in quantità che in qualità. Due portieri di livello, una rosa di difensori omogenea (con nessun crack acquistato – bene Fideleff se arriva), un centrocampo rivoluzionato che vale poco più di quello dello scorso anno. In attacco Pandev è stato un ottimo colpo, assicura un valido ricambio nell’estenuante susseguirsi di partite nella prima parte della stagione. Si poteva fare di più, eppure si è fatto già tanto.
Nel desolante spettacolo del calcio italiano, il Napoli e Napoli rappresentano una risorsa unica e straordinaria per questa Italia che perde appeal in Europa e nel mondo. Al Camp Nou quasi diecimila anime azzurre affollavano gli spalti: non era successo mai neppure per una gara di Champions. È questa fame di bellezza dei napoletani, questa passione incredibile che Aurelio sta cercando di valorizzare. In questi tempi moderni Aurelio è colui che può cambiare davvero questo calcio stupido e malandato di casa nostra: l’unico (venendo dal mondo dello spettacolo) che ha un’idea industriale di come ottimizzare e rilanciare questo sport.
Forse non ci piace del tutto, forse per chi come me si emoziona ancora a guardare i bambini che giocano in strada piazzando le cartelle di scuola come porte, non è il massimo della vita. Ma va così. Siamo nell’epoca del tifoso-consumatore che in estate paga 10 euro la sua astinenza di calcio e di Napoli. Non sarà il miglior mondo possibile, ma non è un male.
Ho i miei dubbi che questa rosa possa reggere all’impatto abbinato della Champions e del campionato, ma nulla è impossibile. Del resto, come Aurelio ben ha compreso, il risultato sportivo non è tutto. Contano più bilanci e fatturato. Se la vitalità d’impresa fosse presa a modello anche da altri settori dell’economia partenopea, Napoli andrebbe incontro ad una nuova primavera. Chissà che non possa accadere. Tutti uniti sotto lo stemma del “Pulcinella United”: progresso e tradizione che Aurelio sino ad adesso ha saputo meritoriamente abbinare. Non è tempo di storcere il naso, lasciamolo lavorare. Purché quel sano e legittimo orgoglio non diventi presunzione..
di Valentino Di Giacomo

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