Più volte mi è capitato di ribadire di non avere molta dimestichezza con gli strumenti tecnologicamente avanzati che oggi sono diventati di uso comune perfino tra i bambini in età prescolare. Giusto il computer ed il cellulare, per non rimanere completamente isolati dal mondo e non essere licenziato dalla mia azienda. Certo mi è di conforto apprendere che sono in buona compagnia. Qualche giorno fa, perfino il Premier ha parlato di “videocassetta”, ignorando forse che trattasi di aggeggio arretrato in uso nel secolo scorso e che oggi potrebbe fare bella mostra di se al massimo in un museo del “come eravamo”. E dire che parliamo di qualcuno che indubbiamente, comunque la pensiate, ha cambiato il mondo della comunicazione nel nostro paese. Figuriamoci un comune essere umano. Prendiamo per esempio il modo di immortalare un avvenimento, tipo battesimo, matrimonio, festa di compleanno, oppure un gol segnato dal Napoli al S.Paolo: un momento esaltante, insomma. Si prendeva la macchina fotografica, si inseriva il rullino, si scattava , il giorno dopo si portava dal fotografo a sviluppare, e dopo una settimana si andavano a ritirare le foto. Se venivano. Perchè non era affatto sicuro che qualche foto non si fosse “bruciata”. Anche dopo i tempi di “Miseria e nobiltà”, in cui Don Pasquale il fotografo chiede all’amico Totò-Felice Scisciammocca di dargli un occhio all’esercizio ( Una enorme macchina col panno nero sul retro), in un altro delizioso film degli anni sessanta, intitolato “L’erba del vicino è sempre più verde” un attempato ed antiquato nobile inglese, interprepato da Gary Grant, chiedeva appunto ad un amico americano,molto più emancipato, che aveva scattato delle foto, di mandargliene una copia, se venivano, appunto. “Caro, le foto, oggi, con le macchine moderne, vengono sempre”. Cinguettava deliziosa la moglie. Che, detto per inciso, se la intendeva con l’amico ed aveva pure il mariuolo ‘n cuorpo. Ed eravamo solo negli anni sessanta. Non per dire che le zoccole ci sono sempre state, ma per dimostrare che il concetto di modernità e assolutamente relativo: Sesto Giulio Frontino, valoroso condottiero dell’Impero Romano, oltre che apprezzato scrittore, affermava nel primo secolo che le armi da guerra erano giunte al loro limite massimo di modernità, e che non c’era nessuna possibilità in fututo di migliorarne l’efficienza. Lui, che aveva avuto a che fare, al massimo, con una catapulta. Tornando ai giorni nostri, dobbiamo convenire che gli strumenti messoci a disposizione oggi dalla tecnologia sono assolutamente fantastici e fantascientifici. Ma hanno tutti un handicap, o forse è un pregio. Il computer più avanzato, ha sempre bisogno di qualcuno che prema il tasto “start”. L’aereo più veloce ha bisogno di un pilota, forse anche a distanza, ma ci vuole sempre qualcuno ai comandi. La macchina fotografica più complessa, che dia immagini tri, quadri, o finanche pentadimensionali, ha bisogna sempre di un fotografo che nel preciso momento, magari con un soffio, o anche col solo pensiero, non può prescindere dallo sfiorare un semplicissimo ed innocuo bottoncino, se vuole immortalare per sempre in un fotogramma un determinato istante. Oppure quello stesso fotogramma può essere estrapolato da un videofilmato. Ed in questo caso la proprietà transitiva non si può applicare, nel senso che, se è vero, come è vero, che da una foto non si può capire cosa sia avvenuto nel filmato completo, nell’intera sequenza, quel fotogramma non può sparire. Dove è finito il cammorrista a bordo campo intento a telefonare nel preciso istante in cui Hamsik segna il gol del pareggio contro il Parma? La foto che immortalava questo momento è stata pubblicata l’8 giugno sulla prima pagina del maggiore quotidiano del mezzogiorno. E nel vederla non vi nascondo che ho provato un senso di sconforto, perchè il messaggio che traspariva, almeno per me, era chiaro: nel momento stesso in cui cambiava il risultato, c’era un signore a bordo campo che se ne fregava di quanto stava accadendo ,perchè aveva qualcuno da avvertire immediatamente. Perchè, visto il risultato appena maturato, la sconfitta del Napoli subiva un’impennata favolosa tra gli scommettitori. Era il momento giusto per scommettere “live” sulla vittoria del Parma: Procedete pure, è il momento buono per scommettere, sembrava dettare al cellulare il rampollo del boss. E infatti poco dopo la squadra gialloblu si riportava in vantaggio. Era tutto biscottato. Oltretutto, mi sono andato a rivedere le quote di quella giornata. Il risultato ribaltato, 1 primo tempo, 2 finale, era dato a 30. Vale a dire con cento euro di puntata, se ne vincevano 3.000!
Ma poi, mentre raggiungevo il massimo dell’indignazione, per quello che mi sembrava di avere capito grazie a quella foto, su Sky mostravano un filmato in cui si vedeva inequivocabilmente, che mentre il Napoli pareggiava, il signorino in pettorina da fotografo, tutto faceva, fuorchè telefonare. Lo stesso filmato pubblicato anche sul Napolista, e che io, sicuramente per quella dimestichezza che non ho con il computer, e di cui accennavo all’inizio, non sono riuscito a ritrovare andando a ritroso cronologicamente nel rullo. Poi l’ho ritrovato grazie all’intervento benevolo di un mio giovane congiunto, che ha fatto un altro tipo di ricerca, che non ho approfondito. Che il boss esultasse o no, me ne può fregar de meno. Ma quando ha telefonato? Ammesso che avesse il numero da chiamare memorizzato, doveva comunque accendere il cellulare, portarlo all’orecchio, attendere un paio di squilli, e dettare la comunicazione. Un’ operazione che ti porta via una decina di secondi, a dir poco. Ora, dieci secondi in una sequenza di massimo quaranta secondi (il tempo intercorso tra il pareggio e l’intera esultanza), rappresentano una eternità. Non possono essere spariti. Da dove è saltato fuori quel fotogramma che immortalava il boss al telefono? La domanda è rimasta nel vuoto, anche perchè nessun altro nel frattempo se l’era posta. Poi, il mio amico e collega A.P., mi h mostrato una lettera che aveva inviato al direttore del Mattino, ed in cui, avendo avuto i miei stessi dubbi, paventava addirittura che fosse stato fatto un fotomontaggio fotografico. Il direttore, pur senza pubblicare la lettera, ne citando il nome del lettore dubbioso, faceva chiaro riferimento a quella missiva, confutando che un giornale, solo perchè napoletano, non può e non deve abbracciare a prescindere le ragioni del Napoli, senza prima verificare da che parte sia la ragione. E meno male che è così, altrimenti la verità e la libertà di stampa va a farsi benedire. Però, sarebbe bene che, tra le tante verifiche da fare, un giornale serio e che si rispetti, procedesse anche alla verifica della bontà di quello che pubblica, per non dovere incorrere nell’errore di pubblicare un pezzotto nella patria del pezzotto.
Un caro saluto a tutti da
PASQUALE DI FENZO
Ma la foto del boss di Napoli-Parma era un pezzotto?
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