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Il calcio è uno schifo, dirigenti, giocatori, giornalisti

Adesso sono molto pentito di aver giocato. Se dovessi ricominciare la mia vita da capo, il campo da gioco non lo degnerei di uno sguardo. No, il calcio è tutto uno schifo. Dirigenti, certi giocatori, giornalisti, tutti sono ficcati dentro l’affare senza che si preoccupino neanche un po’ della dignità dell’uomo. Io non me la sono mai presa a male. Quando hanno provato a corrompermi, non mi sono arrabbiato né li ho buttati fuori a calci né li ho denunciati. Ho detto di no, che si cercassero un altro con meno orgoglio di me. Io mi sono sempre basato su quella filosofia semplice che ho imparato in strada, lì si impara tutto; bisogna vivere, costi quel che costi, vivere, e in cambio bisogna lasciar vivere.

Molte cose mi hanno addolorato. I giornalisti si sono intromessi nella mia vita privata, mi hanno attaccato mo0lto durante lo sciopero dei giocatori perché loro stavano dalla parte dei club. Io ho deciso di vivere la mia vita e con loro ho rotto. Da allora mi sono intestardito e ho rifiutato di comparire nelle foto che scattavano alla squadra sul campo. Quando i miei compagni mi chiedevano di lasciar fare, mi mettevo di lato e guardavo da un’altra parte. Una volta i giornalisti hanno piantato una grana al Penarol e il club mi ha chiamato per convincermi che dovevo essere gentile e comparire nelle foto. Allora ho domandato: “Perché mi avete preso? Per farmi fotografare o per giocare?”. E lì è finito l’incidente. Non ho più voluto mischiarmi con dirigenti né con giornalisti che scrivono quello che vogliono quelli che comandano. Io lo so che bisogna guadagnarsi la vita ma non è giusto infangare gli altri. Per questo io non ritornerei in un campo da gioco neanche se mi offrissero milioni. Io ci ho sofferto, molto, e non lo sopporto. Per questo le ho detto che se dovessi giocare una finale, mi segno un goal contro. Non vale la pena impegnarsi la vita in una causa che è sudicia, corrotta. Chi se ne sente capace, lo faccia pure. Un bel giorno dovrà renderne conto; allora sapremo chi è l’uno e chi è l’altro, e se valeva la pena sporcarsi le mani.

(O. Soriano, Fùtbol, Einaudi, 1983 – a parlare è il centromediano uruguayano Obdulio Varela)

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