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Trombetti ha ragione, non si può giocare sempre a mille all’ora

Incartato il casatiello di Palermo e i due cannoli alla siciliana di Balzaretti e Bovo, mentre le colombe azzurre non volavano più (voleranno ancora, accidenti?), mi sembra che l’analisi del professor Trombetti, che non è certamente figlia delle due sconfitte consecutive, sia ineccepibile a voler guardare oltre lo straordinario campionato del Napoli, i record, le soddisfazioni e il terzo posto (da conservare). In prospettiva futura, l’analisi apre un dibattito che deve essere sereno, obiettivo, depurandolo dalla passione che ci accomuna per la squadra azzurra, come sta accadendo in gran parte sul Napolista. Il dato che più emerge è che una squadra che mira in alto, e un giorno dovrà battersi per lo scudetto, in campo e non nel “sogno” che ci ha eccitato dopo le quattro vittorie consecutive e i problemi del Milan, non può essere una squadra … in maniche di camicia. Lo spogliarello di Mazzarri (cui assegno il 70 per cento del successo del campionato del Napoli, come conviene lo stesso professor Trombetti) non può essere tutto.
Intendo dire che non si può disputare tutta una stagione a mille all’ora. Non ci riesce nessuno col moltiplicarsi degli impegni (e il Napoli ha una “rosa” ristretta e rincalzi di non grande qualità). Sembra necessario che l’ardimento, l’irriducibilità, la corsa del Napoli, il tutti all’attacco abbiano bisogno di una necessaria correzione, altrimenti questa essenziale qualità degli azzurri finirà col rappresentare un limite.
Le partite vanno “gestite” non solo per una naturale distribuzione delle energie, ma perché ogni avversario pone problemi tattici e di tenuta che impongono atteggiamenti diversi. La gestione delle partite significa sapersi “adattare” alle difficoltà delle gare (prevedendole o impiegando le contromosse necessarie in campo) e, qualche volta, opporsi con gli opportuni accorgimenti alla superiorità tecnica degli avversari e alla migliore strategia del tecnico che si ha di fronte.
E’ vero che, se il Napoli non fosse stato quello che è stato, più che combattivo, eroico, e votato all’assalto, non avrebbe probabilmente realizzato la classifica che vanta. Ma questo “andamento” non può essere la regola. Il prossimo campionato potrebbe proporre riscontri deludenti (e la Champions potrà risultare una ribalta “pesante”).
E’ evidente che al Napoli mancano soprattutto qualità di palleggio, il cosiddetto giro-palla, per “raffreddare” le partite, per stancare l’avversario, per aspettarlo e colpirlo. Il Milan ha trovato la “quadratura” dello scudetto con una squadra razionale che gestisce le partite a centrocampo con sapienza (Van Bommel e, prima, Pirlo) e pazienza subendo la metà dei gol che segna. Non una grande squadra (Ibrahimovic e Pato hanno segnato ciascuno poco più della metà dei gol di Cavani), ma una formazione che cerca nel possesso-palla, e nel saperla giocare, l’arma vincente. E’ quello che è mancato a Inter e Juventus. E’ quello che fa la Roma, ma con grande dispendio di energie. Il Milan è più “freddo”, meno bello, ma concreto.
E’ anche vero che il Napoli ha un solo cannoniere (Cavani) e il Milan ne ha due (Ibra e il Papero), e così l’Inter, la Roma, l’Udinese, la stessa Lazio. E questo pone un interrogativo. Basterà per un futuro più ambizioso? E’ il caso di rivedere il modulo di gioco? Molti sostengono la necessità di una difesa a quattro e due punte. Mazzarri amerebbe un 3-4-3 (Cesena e Parma). Si è adattato al 3-4-2-1 per le caratteristiche dei giocatori a disposizione (stesso modulo della Lazio), spesso un 3-2-4-1 con Gargano e Pazienza davanti alla difesa.
Quindici squadre in serie A giocano con la difesa a quattro e una diversa impostazione di centrocampo e attacco. Il 4-4-2 è il modulo adottato dalla maggioranza delle formazioni (sei: nessuna, tranne la Roma, su in classifica). Si dice che è un modulo “vecchio” e impazzano i “rombi” e i … triangoli isosceli. Se si hanno i giocatori giusti, ogni modulo funziona. Ma è la “fase” difensiva la base da cui partire. E non sempre la migliore difesa è l’attacco (solo se sei il Barcellona).
L’analisi di alcuni singoli azzurri, fatta dal professor Trombetti, è realistica (con qualche punta di obiettiva crudeltà). Come sono realistici i limiti che il professore gli attribuisce (ecco perché è Mazzarri il vero protagonista di questo campionato).
Alla fine, il discorso vale per il futuro, non come critica del presente. Mazzarri resterà? Ecco il primo punto. In questo caso sappiamo che cosa ci aspetta. Quali rinforzi arriveranno? E’ il secondo punto. Fermo restando i tre “gioielli” e la politica (saggia) del presidente, è difficile pensare a un Napoli molto diverso. Matavz (22 anni, più rincalzo che titolare) e Inler (al posto di Pazienza?), più i progressi attesi di Ruiz e l’arrivo di qualche altro “giovane promettente”, miglioreranno la squadra ma non la “trasformano” nella formazione di grande personalità per reggere il vertice in Italia e la Champions. I “tre gioielli” restano la delizia e il limite del Napoli per le carenze individuali sottolineate dal professor Trombetti. Non ci sono in giro giocatori che fanno fare il “salto di qualità”. Incedibili o a costi proibitivi. Il Napoli si muoverà con prudenza (ma si sta muovendo, assicura Bagni). Non è un problema di spesa. I giocatori affermati, ma non troppo in là con gli anni, scarseggiano. Le squadre “più futuribili”, Udinese e Palermo, non ponendosi problemi di traguardi (che il Napoli per la sua storia deve avere), pescano all’estero rischiando, come e più del Napoli, l’acquisto “sconosciuto”. Gli sta andando bene, ma non giocano per lo scudetto.
Un’ultima osservazione. Non è stata una scelta diciamo “di stile” quella di De Laurentiis e di Lavezzi a Capri mentre la squadra era impegnata a Palermo. E’ sotto molti aspetti che il Napoli deve crescere, comprese le comparsate in tv.

MIMMO CARRATELLI

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