L’articolo di Giulio Crescenzi, pubblicato ieri sul Napolista, e che poneva quindici domande agli ultras, non mi ha lasciato indifferente.
Devo dire subito che NON sono dalla parte degli ultras, a mio parere loro seguono a tutto campo lo stile di vita tipico della guerra di religione.
Io trovo razzista che si odi chi è diverso, non mi piace leggere le accuse di leghismo a chi tratta male gli azzurri, anche perché gli ultras sono al nord come al sud, e i riti e i ritornelli che si ascoltano sono identici e ribaltati. E con questo non voglio dire che mi piace la lega, anzi, mi provoca decisamente i ‘cognati del vomero J ‘. Non mi piacciono le sante alleanze e i nemici mortali, odiare o addirittura ferire o uccidere nel nome del ‘Diopalla’ come diceva uno famoso, non ha il minimo senso.
E voglio ancora aggiungere che, in nome della loro religione, gli ultras impongono costumi come gli chador o le sciarpe portate o non portate, o portate solo alla vita, hanno i loro (a volte falsi) idoli e i loro feticci (come ad esempio la maglia, vuota), salmodiano canti che, ripetuti all’infinito, sono svuotati dalla loro semantica e diventano ipnotici, producono un pericoloso stato di trance e ancora più pericolose isterie collettive.
E come succede nelle guerre di religione, gli stati (nel nostro caso leggi: “le società sportive”) non prendono mai davvero le distanze da quanto accade, gli interessi, enormi, in gioco, vanno ben al di là della religione stessa: c’è sempre una fine mente, un pensiero occulto, che tira i fili e i peggiori sulla curva, i più agguerriti, sono comunque e sempre, a volte inconsapevoli, burattini.
Insomma, non posso essere d’accordo con chi si è preso anche il mio stadio, non credo di avere meno diritto, se ci vado una volta ogni dieci anni, rispetto a chi ci va tutte le settimane. Qualcuno ieri scriveva: “ Non mi farò mai la tessera, vado regolarmente al cinema e lì non me la chiedono…”, è vero, però se esci fuori dal cinema e gridi che il film che hai visto ti ha fatto assolutamente cagare, non vengono fuori dal nulla cento vigliacchi, che invece il film lo amano, e ti sprangano. E fuori al cinema non ci sono millemila poliziotti in assetto anti sommossa che proteggono il tuo diritto a vedere il film in santa pace.
E dentro al cinema non ci sono dieci file di poltrone dove non puoi sederti, non si spaccia come sotto casa mia, non ti viene detto di ridere o piangere a comando.
Ma soprattutto non ci sono un mare di imbecilli (Imbecille = dal latino Imbaculus, che vuol dire privo di bastone, dove figuratamente si intende la spina dorsale, la forza morale, ah che bella parola!) che nascondendosi dietro al #31#, dietro all’anonimato, si prendono la nostra squadra, il nostro tifo il nostro diritto a godere appieno delle gioie e dei dolori che solo il calcio sa dare.
Detto questo però, a) non si può fare di tutta l’erba un fascio, non nascondo che nelle parole di Carlo ci sono delle cose sulle quali si deve riflettere; b) agli ultras invidio l’amore per la squadra e la fedeltà , che noi a ‘fighetti’ spesso vacilla; c) quello che ho scritto fino ad ora sugli ultras, si potrebbe, con qualche semplice giro di parole, estendere a tutta la società partenopea. I napoletani, gli italiani, vivono quotidianamente in un ambiente ostile dove, anche in assenza di ultras, c’è tanta marmaglia che ci ‘soprunde’, una marmaglia che non è fatta solo dei soliti camorristielli ma di tanta gente simile a noi che a turno si veste dei panni del padrone. In questo senso mi chiedo spesso se sto seduto più volentieri in tribuna autorità affianco a Mastella o se non sia meglio un cento chili sudato e puzzolente che mi dice di non cantare Oivitamia in curva B ( o era la curva A? non ricordo).
Dov’è dunque il problema? Il problema è che la cosiddetta ‘società civile’ gira la faccia alla città tanto nel quotidiano quanto allo stadio. Pensateci, se cento, mille Napolisti agguerriti, si riprendessero la curva e pretendessero di tenersi la loro sciarpa addosso o avvolta in testa o come cazzo gli pare, se cantassero quello che vogliono, che farebbero gli ultras? Forse un paio di loro cercherebbero di aizzarci contro gli altri (certo non lo farebbero in prima persona gli imbecilli…) ma confido molto in Carlo e in quelli come lui, che sono sicuro che sono tanti, che certamente lo impedirebbero.
E questo sarebbe bello che accadesse anche in città, dove gli intellettuali e i dirigenti girano la faccia da un’altra parte quando inciampano nella monnezza, quando lo scempio avvenuto alle primarie ci restituisce un carneade candidato di sinistra e un bancarottiero candidato di destra.
E’ vero che il Napolista aveva provato a chiedere alla squadra di portare il lutto al braccio in segno di protesta per la questione monnezza, ma forse la fascia listata a lutto ce la dobbiamo innanzitutto togliere dagli occhi tutti noi.
Franco Cutugno
Se ci riprendessimo la città come vorremmo fare con le curve
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