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Napoli meritava di festeggiare qualcosa?

Mi offro nudo alla folla inferocita. Seguo col semidistacco che ben conoscete le vicende della squadra, per lo più attraverso il Napolista perché generalmente vi trovo analisi lucide al punto da trascendere il registro mentale della tifoseria. Qui ho scritto mesi fa, in una delle poche altre occasioni che ci sono state, che era bello verdervi lassù. Ed è bello ancora, per carità. Però c’è qualcosa che si deve dire dopo il passo falso contro l’Udinese. E’ forse il momento di prendere una decisione definitiva sulla lettura degli eventi e quindi anche dell’esito del campionato. Il Napolista si è presentato come un sito di analisi politico-calcistica e questo rende vincolati i meriti della città a quelli della squadra. Se l’analisi è politica e calcistica insieme, la sintesi la si deve pur fare, e la domanda è una sola. Lo scudetto ormai è lontanissimo, ed è fermo lì dove le statistiche del prof. Trombetti lo avevano giustamente piazzato in tempi non sospetti. E quindi, Napoli meritava lo scudetto? Non dico la squadra, sulla quale mi dovete illuminare voi più pratici ed esperti, ma la città lo meritava? Si tratta di una gioia potenziale che io percepisco attraverso la vistra passione come enorme, e penso che la si debba conquistare solo attraverso i meriti sportivi. Ma a scudetto raggiunto, avrebbe festeggiato una città che merita una festa? E mi spiego meglio: ho letto notizie che mi hanno fatto sbigottire, specie in coincidenza della fortunata trasferta bolognese. Ho letto di uno stadio “colonizzato” da tifosi napoletani, arrivati da Napoli con ogni mezzo per assistere a una sfida importante. E mi sta pure bene. Però poi penso alla munnezza e all’indifferenza generale, penso alla chiavica per strada e alla totale assenza di reazione, e poi penso alla notizia (che non ho mai letto) di diecimila napoletani che bloccano a oltranza la città in nome di una dignità ormai praticamente persa. Ebbene, ripeto, e mi aspetto risposte sincere: Napoli meritava una festa? Ditemi pure. Lo chiedo come fa Alfredo Canale nella doccia, quando già conosce il suo destino: “e mo’ facite ambress!”
di Francesco Nardi
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