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Se fossi Lavezzi chiederei il processo penale

Se fossi Lavezzi, chiederei di essere sottoposto al processo penale. Massì. Avessi tempo e un avvocato non d’ufficio ma con un ufficio, lo farei anche subito. Vuoi mettere. Stai lì, in un contesto di regole, dove hai qualche diritto anche tu. Passano mesi, anni. Nel frattempo fai altro. Quando è il tuo turno, qui la pezza e qui il sapone. Lei di cosa è accusato ? Di sputo. Cancelliere, dov’è lo sputo ? Non c’è. Si dovrebbe vedere ma nella confusione abbiamo dimenticato di averlo visto. No sputo no party ? No. No sputo, si parti. Vai a Milano e gioca pure. Si dice, ma che esempio diamo ai bambini. Sanziona sanziona che qualcuno poi forse non sputerà. E che esempio diamo ai bambini con la giustizia sportiva ? Che Dio non tira i dadi, Tosel si. Che a chi tocca tocca. Che tutto può essere. Che siamo nelle mani del primo che passa. Gli passi qualcosa per la testa ce la passa come giustizia. Uno sputo che c’è ma non c’è, uno sputo che c’è e si pulisce da solo ce lo vendono come giustizia: se lo sanno a Napoli, se lo vendono loro. La giustizia sportiva è domestica, per forza perché se esce di casa le sputano tutti. La giustizia sportiva è sommaria, una somma di aria. Pare debba essere così perché il calcio non può aspettare. Il giudizio del campo è troppo poco. Aspettare 90 minuti già troppo. Non può essere soltanto questo. Bisogna fare qualcosa. Che penseranno i bambini. La palla è rotonda, i piedi non sono uguali per tutti, le teste nemmeno. Ci sono i forti ed i deboli, i poveri e i ricchi, i bassi e gli alti, il talento e il lamento, chi perde e chi vince, chi casca e chi ci casca, le regole poche, gli uomini più di venti e le reti per limitarli soltanto due, bisogna frenare quest’ingiustizia. Ci vuole giustizia. Facciamolo per i bambini. Per farli crescere subito.
Vuoi mettere quel cornuto dell’arbitro con quell’autentico educatore, l’arbitrio.
di Vincenzo Ricchiuti

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