A me sembra che questa squadra goda di cattiva stampa.
E (come parziale conseguenza) di scarsa considerazione.
Può sembrare affermazione avventata. Ma mi spiego. Non che non piovano elogi quando la squadra lo merita. E critiche quando giusto. Ma tutto è amplificato all’eccesso, ogni singola partita diventa un giudizio divino sulla bontà o meno del Progetto per quest’anno e quelli a venire. Sembra quasi che questa squadra sia (colpevolmente) in ritardo sulla tabella Scudetto, e non (meritoriamente) in anticipo o quantomeno in piena corsa sull’obiettivo stagionale (che ricordo essere il 4° posto, o sbaglio?).
Ogni battuta d’arresto diventa la “fine della favola”, un “ritorno sulla terra”. Si pareggia con la Fiorentina dopo 6 vittorie di fila in casa? Apriti cielo. Si perde a Verona dove la squadra di casa ha inchiodato Inter, Roma, Juve e non perde da settembre? E’ crollo, tonfo, ridimensionamento, solo per stare ai titoli dei giornali.
A me leggere certi commenti ricorda l’atteggiamento di alcuni prof verso uno studente particolarmente dotato, che brucia le tappe con ottimi voti e riesce a superare molti esami difficili in tempi ben più rapidi del previsto. E allora che succede? Che viene atteso al varco al primo scivolone, che invece di “proteggerlo” (non dico giustificarlo) gli si carica addosso responsabilità che non dovrebbe (ancora) avere. Anche a forza di elogi eccessivi, sia chiaro, che appaiono alle volte anche utili per caricare di obblighi una compagine in ascesa (“è pronta per lo scudetto”, “è la vera anti-Milan” “è il momento di confermarsi grandi”).
Il mio caporedattore, che guarda le cose del campo con maggior distacco e forse per questo è più freddo nell’analisi, dice che si può intravedere in questo un atteggiamento tipico della società italiana, gerontofila, lobbysta e poco aperta alle new entry che vogliono mangiarsi un pezzo della torta.
E’ come se a questa squadra le si chiedesse sempre: “confermami di non essere un bluff”. Dando quindi per implicito che lo sia.
Lo possiamo chiamare “Effetto fuoco di paglia”: forse a Napoli, non so, non si percepisce molto, in un ambiente sufficientemente omogeneo perché tutti remino dalla stessa parte; ma fuori sì, è nell’aria, nei parole di molti (“sta squadra non dura”, “è un fuoco di paglia ‘sto Napoli”, “ha già dato tutto, adesso crolla”), del collega di lavoro, dell’avventore del bar, del vicino di posto nella metro. Riflettendoci, tutte o quasi persone che (ragionevolmente) non hanno visto mai o quasi mai una partita intera del Napoli quest’anno, fatta forse eccezione per qualche posticipo di lusso (la sconfitta con l’Inter, la vittoria sulla Juve). Da dove si sono fatti allora questa convinzione? Dai media, ovvio, la risposta è banale.
L’effetto “fuoco di paglia” si diffonde così sotterraneo e arriva fino alla squadra: te ne accorgi dalle dichiarazioni pre-gara, dal “braccino del tennista” che molti dimostrano nei momenti clou (il primo quarto d’ora col Milan è da documentario).
In definitiva: la laurea è vicina, se non ci facciamo fregare dalla voglia di “dimostrare”.
Vittorio Eboli
Quanta schizofrenia nel giudicare il Napoli
ilnapolista © riproduzione riservata