Ci siamo Max. E’ iniziata la Settimana. Quella con la esse maiuscola. Quella che io, te e gli altri viaggiatori a Roma (non chiamiamoci emigranti, per favore. Troisi avrebbe risposto: «Ma perché emigrante, ‘o napoletano nun puo’ viaggia’?») attendiamo – e temiamo – un anno intero. Me ne sono accorto ieri mattina. Quando il portiere del mio palazzo, Ashoka, un ragazzo dello Sri Lanka, ha suonato alla porta per consegnarmi la posta e m’ha salutato con un ghigno: «Duttore, sabato Napoli perdesi. Vince Ruma». Avrei voluto chiedergli che se ne frega della Roma uno dello Sri Lanka. Ma non ho fatto in tempo. Avevo già iniziato a menarlo. Perché m’aveva portato una cartella esattoriale, non perché tifava Roma.
Il peggio arriva quando accendi il cellulare. Sarà accaduto anche a te. Da ieri i romanisti mandano più sms a noi napoletani che Ruby a Berlusconi. Ve pijiamo, ve gonfiamo, ve sfonniamo, ce sfoghiamo. Dico, ma si può trascorrere una settimana così? I napoletani che vivono a Roma sanno che sabato è una di quelle giornate che ti cambiano l’umore per i prossimi sette mesi. Se vinciamo, comunque vada li massacreremo trionfanti. Se perdiamo (toccatevi pure) dovremo solo vincere lo scudetto (toccatevi di nuovo) per non dover essere cojonati per un anno intero, o quanto dannato tempo trascorrerà fino al prossimo Roma-Napoli. E’ la differenza che passa tra il poter uscire di casa a testa alta e il non poter uscire proprio. E’ la differenza che passa tra il chiedere ad Antonio (il mio oste preferito) un «caffè Lavezzi» e il vedersi invece servire le «polpette di Mazzarri» (ha giurato che le mette sul menu, il maledetto romanista). E’, ancora, la differenza che passa tra un hamburger con il bacon e uno «Simplicio» (adesso che la Roma l’hanno comprata gli americani, pure da McDonald’s sono giallorossi: te l’avevo detto che la globalizzazione era un danno).
Chi non è nato a Napoli e non vive qui, tutto questo non può capirlo. Non può capirlo il mio direttore, che ieri sera alle 21.30 mi chiedeva il titolo sul Pd mentre stavo controllando se avessero accolto o meno il ricorso di Mexes (indovina cosa ho fatto prima). Non lo sa mia figlia, che oggi mi ha chiesto di portarla allo zoo domenica e s’è sentita rispondere che sì, va bene, ma solo se sabato vedo undici leoni (e giustamente m’ha domandato: «Ma se li vediamo sabato, i leoni, che ci andiamo a fare domenica allo zoo?». Ha due anni e mezzo). Non lo sanno i nostri amici, quelli che «se proprio devo scegliere, meglio vincere a Milano». Ma meglio che, se poi non puoi sfottere i milanesi un anno intero?
E hai voglia a dire che non temiamo nessuno. Io da ieri mattina ho iniziato a rosicchiarmi le unghie fino alla seconda falange. Ho un battito cardiaco accelerato che manco alla prima uscita con la prima fidanzatina. Non rispondo più a telefonate o messaggi di romanisti. Testa bassa e ventre piatto. Fino a sabato. Perché nun succede, ma se succede…
Post scriptum. Mi sono rivisto il 2-0 dell’andata, così, tanto per prendere coraggio. Poi ho avuto l’incauta idea di leggere le dichiarazioni di Ualterino Mazzarri. «Sarà una partita terribile». Be’, per noi «terribile» sarà tutta la settimana. Cosa vuoi che siano novanta minuti in più?
Gianluca Abate
La terribile settimana di un napolista a Roma
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