Un viaggio nel futuro il progetto Napoli di Aurelio De Laurentiis con la certezza – suffragata da una carriera straordinaria – che la parola futuro non fa rima con sogno, con l’effimero, l’irraggiungibile. Anzi. Nessun egocentrismo, il patron vuole fare gol per far vincere Napoli e non solo il Napoli e certo non da solo. Lavora per mettere insieme 200 imprenditori napoletani e campani capaci – parole sue – «di far rimettere a Napoli l’abito buono dopo 20 anni di sofferenze». Pompei-Mergellina sono distanti meno di 20 chilometri, lungo questo percorso – secondo De Laurentiis – ci sono le opportunità da cogliere per rilanciare Napoli e riportare la città al suo antico rango. Il palcoscenico dove ricostruire il passato – a cominciare dall’eruzione del Vesuvio – per far partire il futuro. E la politica? Nemmeno a parlarne: «Voglio fare l’imprenditore, il mio partito è quello del fare, stop».
Allora presidente, è tanta la carne al fuoco, cominciamo da Pompei.
«Secondo me il limite dell’Italia è che al ministero più importante, quello dei Beni culturali, non ci vuole andare nessuno. Non si capisce che quello in realtà è il ministero che potrebbe portare maggiore fatturato all’Italia. E Pompei ne potrebbe essere una delle tante testimonianze».
Si è chiesto il perché?
«Il problema è che siamo stoppati dalla burocrazia che non ha il senso della commercializzazione di un sito archeologico. Le Sovrintendenze dovrebbero sovrintendere e non ingessare. E visto che lo Stato non è capace di manutentare i beni (i Colli lo dimostrano) cerchiamo di metterci i privati che ottemperino a questo compito. Il privato si dovrà prendere l’onere di una gestione più manageriale. Così si impedirebbe che quello che esiste non crolli e che quello che è sepolto a livello archeologico non resti sotto terra ancora per 300 anni».
Sembra facile a dirsi, ma qual è l’idea di De Laurentiis?
«Studio da molti anni questo progetto. Se il visitatore è uno studioso, un archeologo, un docente, uno storico dell’arte, ci va con una certa cognizione. Ma Pompei è un bene di tutti. Quindi se viene una famiglia europea di 4 persone che non ha una conoscenza specifica dell’archeologia, finisce per non trovare servizi adeguati e annoiandosi non avrebbe ragione di rimanere. Allora perché non costruire accanto al sito archeologico una Pompei come se fosse un grande set cinematografico firmato da Dante Ferretti?».
Presidente faccia ancora uno sforzo e ci racconti tutto.
«Abbiamo due problemi: recuperare quello che c’è e far emergere quello che non si vede da un punto di vista archeologico; commercializzare con la dovuta cautela il sito».
Che fare?
«È come se si dovesse ricostruire un set di come era Pompei accanto a Pompei su una estensione di circa 100 ettari. Costruire oggi una Pompei come era all’epoca, al coperto, perché possa essere visitabile 12 mesi all’anno. Metterci degli attori che devono prendere per mano i visitatori e raccontargli la storia. Dopo di che costruire un grande parallelepipedo, un hangar come esiste agli Universal studios o in tutti i parchi a tema e con l’aiuto degli effetti speciali creare uno spettacolo per inscenare l’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo».
Come portare la gente a Pompei?
«A Torre Annunziata si potrebbe fare un molo di attracco per le navi da crociera. Con l’apporto di Aponte e di tutti quelli che vogliono farlo. Un polo di attrazione con una grande sfera dove dentro fare una spiaggia esotica, con tanto di mare ricreato dove per tutto l’anno la temeperatura è di 27 gradi e si può fare sport acquatico e attività balneare».
Presidente la Formula 1 è stata negata a Roma, perché dovrebbero darla a Napoli?
«Negli anni ’30 c’era questa tradizione in città. L’Italia ha la Ferrari, l’Alfa Romeo, la Lamborghini, ha una tradizione automobilistica infinita. Perché non possiamo avere un altro Gran Premio oltre quello di Monza? Se c’è una regola che lo vieta, cambiamo le regole. Napoli è centomila volta meglio di Montecarlo, potremmo avere un circuito formidabile».
In altre parti del mondo questi progetti sono all’ordine del giorno ma come la mettiamo con la burocrazia? E soprattutto chi mette i soldi?
«Se troviamo 200 industriali che si autofinanziano, credo che nessuno a livello governativo si metterà di traverso, altrimenti significherebbe dire che in Italia non c’è speranza di migliorare. Tutti pensano che siano dei sogni. Ma Napoli ha grandi eccellenze, penso a Punzo, D’Amato, allo stesso presidente Graziano. Io nella mia vita ho avuto l’insegnamento che tutto quello che uno vuole può realizzarlo se ha una logica imprenditoriale e risponde a un domanda di mercato».
Avviciniamoci a Napoli, parliamo di Mergellina.
«Il presidente Stefano Caldoro mi ha caldeggiato molto la rivalutazione di tutta Mergellina. Gli ho detto che già 4 anni fa avevo presentato l’idea di rendere balneabile tutta l’area. Mergellina come Cannes, con stabilimenti balneari fino all’Excelsior ai quali possono accedere tutti i ceti sociali».
Presidente serve una scossa per mettere in moto questo meccanismo virtuoso.
«Mi hanno raccontato che in delle zone molto popolari la raccolta di rifiuti è perfetta all’80 per cento, in zone ritenute meno popolari non raggiunge il 30 per cento. Allora non è vero che a Napoli e in Campania non si può fare. Credo che siamo cittadini di livello come gli altri italiani e non credo che a Roma ci siano zone più pulite di Napoli. Bisogna però dare servizi all’altezza. È chiaro che l’immagine di Napoli negli ultimi 20 anni ha sofferto e va riorganizzata, va creato un network di persone per tirare fuori di nuovo l’orgoglio cittadino, ritrovare – sindaco o non sindaco – la voglia di rimettere a Napoli il vestito buono».
Sembra un manifesto di chi si vuole lanciarsi in politica. Intende candidarsi a sindaco?
«Faccio e voglio continuare a fare l’imprenditore, a me l’Italia non interessa, interessa Napoli, la Campania, anche quando ero fuori ho sempre frequentato solo i napoletani perché ho dentro di me la napoletanità più genuina. Voglio mantenere un piede sulla Campania e un altro sui territori emergenti come la Cina e l’India. Ho il calcio, il cinema e interessi internazionali, non posso fare la politica, posso essere utile come aggregatore o aggregato alla società civile».
Cosa significa?
«La politica è in ritardo di 60 anni. Non si può più aspettare. Allora è bene che la società civile cominci a formare il partito del fare. In questo ci sarò sempre»
di Luigi Roano (da Il Mattino)
Aurelio De Laurentiis: “Come vi cambio Napoli e Pompei”
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