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Siete grandi sul campo
ma vi manca il Palazzo

Valeri ha sbagliato la seconda gara di seguito dopo Samp-Juve. Sempre distante dall’azione, schizofrenica gestione dei cartellini, nessuna interazione coi guardalinee. Ieri sera il goal di Cavani era buono, Cambiasso andava espulso due volte, il sandwich fuori area Lucio Cordoba su Maggio non sanzionato imbarazzante. La grande squadra deve avere il permesso per esserla soprattutto quando non riesce ad avere il cinismo sufficiente a chiudere la gara. Cannavaro che appoggia di petto anziché battere a rete rappresenta l’emblema di una serata generosa che mal si addice alle giuste ambizioni di passare il turno. Sino a questo momento il Napoli non ha ricevuto grossi danni dalla classe arbitrale. Benché spuntino fantomatiche classifiche su Internet fatte come si fanno le classifiche su Internet, ossia taroccando, nelle quali il Napoli in campionato avrebbe avuto un po’ d’ostilità dal Palazzo in realtà al Napoli sino a questo momento nessuno ha fatto niente di che. Le decisioni clou durante una gara sono più o meno sempre le stesse: falli di mano, la palla se è entrata, cm e se hai dei dubbi.
Nelle decisioni clou gli è andata quasi sempre bene: goal non goal traversa linea di porta, a Firenze gli han dato il goal; volontarietà del fallo di mano in area a Cagliari, il pugno d’Aronica bene, a Genova il mani di Maggio bene. Nessuno ha fatto niente di che al Napoli sino a un certo punto. Con la Lazio, il mani di Zarate. Con il Milan, la gestione dei cartellini da parte di Rizzoli. Ieri sera s’è avuta la riprova: i momenti clou sono stati decisi in senso sfortunato. Il fuorigioco che non si segnala se a determinarlo sono i cm come fanno a Milan e Roma è stato segnalato a Cavani. Il mani di Chivu derivante da movimento naturale del corpo non è stato segnalato. Come non era stato sanzionato a Maggio a Genova ma a Pepe della Juve contro la Roma si. Come lo stesso Valeri aveva sanzionato a Pepe contro la Samp, annullandogli il goal, appena tre giorni prima.
C’è un limite oltre il quale la grande squadra deve andare. Quello delle sue omologhe. Sino a questo momento il Napoli è stato lasciato sostanzialmente in pace. Non ci sono stati disastri evidenti, ha avuto spesso in trasferta arbitri buoni, sulla gestione dei recuperi nessuno s’è permesso di metterci bocca. Al napoletano è stato fatto credere di aver ricevuto torti, tanto si sa che il napoletano ci casca immancabilmente, ma in realtà è stato solo un discorso strumentale. Torti e favori sono stati compensati e nessuno ha toccato seriamente la simpatica compagine partenopea, portatrice di soldi e di una opposizione simpatica ma innocua alle squadre che realmente si contendono quello che c’è da vincere quest’anno. Le milanesi e la Roma.
Il Napoli sino a questo momento lasciato tranquillo come outsider di comodo con il vittimismo lisciato per il verso giusto cioè quello degli errori con squadre che non contano niente, questo Napoli contento ha conosciuto sino ad oggi solo due momenti della verità. Col Milan in casa ed ieri sera con l’Inter. Ne conoscerà altri, all’Olimpico a Roma ad esempio. Il Napoli sino a questo momento ha fatto la metà di quel che fa la grande squadra. Ha acquisito una mentalità spiccia, basata sul non prenderle, sulla rapidità delle ripartenze e sul golletto o golazo che chiude la gara. Quando si comporta così, sembra una grande e viene trattata come tale. Quando invece segue le sirene del gioco, del fare la gara, della sterilità offensiva perché deve fare, strafare ed, orrore, meritare viene trattata come si trattano i ragazzini: gli fai fare quello che vogliono dimostrare e poi gli rubi le caramelle. Per fortuna del Napoli spesso e volentieri quest’anno ha fatto un favore a se stesso attirandosi accuse di culo. Però quel che ha fatto vale il 50 per cento di quello che deve fare.
Il rimanente cinquanta lo deve fare la società. Deve fare la sua parte: ha leve giuste da muovere. Soldi, soldi, soldi. A Napoli non si vince non perché ci sia razzismo verso il Sud o verso Napoli. Questa è la versione di comodo che han dato al vittimismo di comodo di una città per la quale non si vuol spendere. Far credere che ci sia un blocco di potere dal quale il Napoli è escluso per sempre. Quando ha voluto entrare a Palazzo, il Napoli è entrato. Basta pagare il biglietto d’ingresso. Investimenti, rapporti, lobbyng. Uomini giusti, o meglio giusti uomini. Anziché spendere e spendersi in tal senso, si è venduta all’ambiente una miscela fatale di moralismo, etica e vecchi ricordi su quando la gente era perbene ed il resto del mondo rubava. Bubbole. Questa città questa gente di Napoli non è migliore né vuole esserlo. Non vuole essere migliore, vuole vincere. E per vincere bisogna smetterla di correre intorno alle cose, come fa Moretti che in Palombella Rossa grida come un disperato “Siamo diversi ma siamo uguali” cercando di sciogliere il rebus che gli ha fregato la vita magari con una caduta letale o che gli perda i ricordi. Non siete diversi, nessuno è diverso non nel pallone. Siete uguali e avete i mezzi per essere più uguali degli altri. Fate il discorso che si deve fare, quello della grande squadra a Palazzo. Dell’esserlo e del sembrarlo. Se si fa, si entra. Non si fa distinzione verso l’accento di Napoli o Roma o Palermo. L’unico razzismo esistente da sempre è contro i deboli. Scelga De Laurentiis se stare a un passo dalla forza o forzare la purezza inesistente di una città pulita sulla mondezza.
Vincenzo Ricchiuti

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