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Un babà alla Cavani
è il miglior afrodisiaco

Gli organizzatori dei calendari, fissando l’orario delle partite, cercano di  soddisfare le esigenze dei sedentari del pallone, cioè quelli che guardano gli incontri seduti comodamente davanti alla tivù, magari ingurgitando pasta al forno. D’altronde costoro sono diventati i principali finanziatori delle squadre per cui occorre rispettarne orari e abitudini. Delle esigenze culinarie dell’abbonato, invece, nessuno si occupa. Ed è comprensibile. Ormai nel mondo del calcio l’abbonato viene considerato come il seguace dell’Opus Dei fra i cattolici: fanatico, duro e puro. In quanto tifoso praticante egli si sente in dovere di essere presente allo stadio ogni volta che la sua squadra gioca. Sembra quasi che l’arbitro non possa dare il fischio d’avvio senza aver prima constatato il suo arrivo sugli spalti: “Ecco Gennaro Esposito. Bene. Possiamo cominciare”. Perciò per l’abbonato e solo per lui, si presenta il problema: mangio prima o dopo la partita?
Cibarsi prima, indubbiamente, presenta il vantaggio di sedere al proprio posto nel pieno delle forze. Tifare, anche se può sembrare incredibile, è faticoso. Dopo una partita dal risultato incerto, esci dallo stadio come se avessi zappato un ettaro di deserto del Sahara per renderlo coltivabile a pomodori. Pranzare dopo, però, presenta qualche inconveniente. Essendo a corto di calorie, potresti farne provvista con eccessiva furia. Ho mangiato un ‘cuoppo’ di zeppole dopo un incontro domenicale e credo di averlo digerito il mercoledì successivo, durante la partita infrasettimanale. Non saprei dire se la responsabilità dell’accaduto sia da attribuire all’olio, denso come balsamo solare, usato per friggere o alla frustrazione per la sconfitta della mia squadra del cuore.
Altri tifosi risolvono il problema rifocillandosi nell’intervallo tra il primo e secondo tempo. Appena l’arbitro manda i giocatori negli spogliatoi, tirano fuori le carte argentate contenenti panini ripieni di cotolette, braciole, polpette rigorosamente cucinate da mammà. E per i digiunatori, cioè quello che attendono la fine della partita per nutrirsi, inizia il supplizio perché i più subdoli mostrano trionfanti la frittata di maccheroni, i più sbrigativi il panino e porchetta con contorno di friarielli acquistato fuori lo stadio presso i camioncini che di solito sostano sul lungomare. E non lasciatevi ingannare dalle ragazze che mordicchiano elegantemente qualche patatina. Le vedrete, dopo la partita, nei pub vicini afferrare panini con doppio hamburger e uovo a “occhio di bue”, strappare a morsi le pizze fritte facendo schizzare i cigoli sulle polo bianche dei camerieri. Il cibo è parte vitale del calcio. Una ‘genovese’ ha più sapore se il Pocho l’ha condita con i suoi dribbling, un babà è più fragrante se è stato Cavani in persona a spruzzarlo con il rhum dei suoi goal. Si parla molto di cibo che aiuta a fare sesso. Ma il miglior afrodisiaco esistente in commercio è una vittoria della tua squadra: quante coppie decidono di tenere un comportamento casto dopo avere assistito a una grande partita? Ve lo dico io, nessuna. Pallone, cibo e sesso. Primo secondo e dolce. Il pranzo è servito!
Michele Serio

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