Non sappiamo se la stravagante dichiarazione elettorale di Aurelio De Laurentiis («Stimo molto Caldoro. Stimo anche De Luca, ma non lo posso appoggiare perché non è tifoso del Napoli») faccia parte di una personale collezione di boutade di un cavaliere del lavoro che non vota in Campania o sia influenzata dai buoni rapporti che un imprenditore cinematografico vuole mantenere con il governo berlusconiano in carica. In ogni caso, strumentalizzare il tifo a fini politici ci è sempre sembrata un’idea pessima, a partire dai giri di campo del comandante Achille Lauro al Vomero per finire alla trovata berlusconiana di Forza Italia. Napoli ha da sempre una sola squadra di calcio, ed è di tutti.
Allo stadio vanno persone per bene e delinquenti, donne e uomini, santi e peccatori, vecchi e giovani, elettori di destra, di centro e di sinistra, nonché astensionisti impenitenti.
Ognuno di essi domani e lunedì farà la sua scelta da cittadino, non da tifoso. E quando il tifoso grida “Forza Napoli” o canta ‘O surdato ‘nnammurato vuole sentirsi unito e non diviso dagli altri “centomila cuori”. I candidati Caldoro e De Luca passano. I presidenti, anche i migliori, passano. Il Napoli resta e a nessuno è consentito di tentare di impossessarsene. (tratto da La Repubblica del 27 marzo)
Giustino Fabrizio
Alle urne da cittadini
non certo da tifosi
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